Chi non verserà le ritenute «sopra soglia» relative al 2016 entro il 31 ottobre rischierà la reclusione da sei mesi a due anni

Di Maria Francesca ARTUSI

Nell’approssimarsi del termine per la presentazione dei modelli 770, può essere utile evidenziare come questo incida anche sulle possibili conseguenze penali dell’omesso versamento delle ritenute.
Il DPCM 26 luglio 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio scorso, ha fissato tale termine al 31 ottobre (si veda “Proroga al 31 ottobre per Modelli 770, redditi e IRAP” del 29 luglio 2017) e questo si connette strettamente con la possibile rilevanza penale dell’omesso versamento ai sensi dell’art. 10-bis del DLgs. 74/2000. Quest’ultima norma prevede, infatti, la punibilità della condotta di chi non versi, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 150.000 euro per ciascun periodo d’imposta.

In altre parole, coloro che, entro il prossimo 31 ottobre, non verseranno le ritenute relative all’anno 2016 potranno essere sanzionati con la reclusione da sei mesi a due anni.
Tale omissione, tuttavia, rileva penalmente solo laddove raggiunga o superi la soglia di 150.000 euro. La riforma del diritto penale tributario di cui al DLgs. 158/2015 ha, infatti, modificato la soglia di punibilità prevista per questo reato, che è stata triplicata rispetto alla precedente previsione del limite di 50.000 euro. Il nuovo tetto di 150.000 euro è applicabile anche retroattivamente in virtù del principio del “favor rei” e per verificare il suo superamento è necessario sommare tutte le ritenute non versate riferite al medesimo periodo di imposta, anche se inerenti a diverse tipologie di redditi e compensi o a differenti soggetti “sostituiti”.

Guardando al termine del prossimo martedì va, dunque, tenuto in considerazione anche il fatto che un versamento parziale che riduca l’omissione “sottosoglia” potrebbe valere ad escludere il reato.
Altro elemento rilevante concerne la possibile causa di non punibilità introdotta all’art. 13 del DLgs. 74/2000 sempre dalla citata riforma del 2015: non sono più punibili gli omessi versamenti di ritenute dovute o certificate (art. 10-bis del DLgs. 74/2000), gli omessi versamenti dell’IVA (art. 10-ter del DLgs. 74/2000) e l’indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater comma 1 del DLgs. 74/2000), quando il contribuente versi integralmente le somme dovute all’Erario, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi maturati, prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado. Un eventuale pagamento oltre il 31 ottobre potrebbe, allora, escludere la penale rilevanza quando sia effettuato nel rispetto di tutti i presupposti per l’operatività della nuova causa di non punibilità, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.

Resta, comunque, fermo il principio per cui, per la commissione di un fatto penalmente rilevante, è sempre richiesta la prova dell’elemento soggettivo che accompagna la condotta potenzialmente illecita. Nel caso di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, il reato è punibile a titolo di dolo generico, cioè verificando la sussistenza della coscienza e volontà rispetto al versamento omesso. A tale proposito, si è discusso a lungo sulla possibile incidenza della mancanza di liquidità, in particolare se dovuta ad una crisi di impresa, e si sono formati orientamenti contrastanti: uno più rigoroso seguito principalmente dalla Corte di Cassazione, secondo cui le circostanze di fatto non incidono sulla sussistenza dell’illecito (di recente, Cass. n. 47596/2017); un altro, seguito prevalentemente dalla giurisprudenza di merito, che esclude la configurabilità delle fattispecie di omesso versamento di ritenute certificate (o dell’IVA ai sensi dell’art. 10-ter del DLgs. 74/2000) a fronte di situazioni di difficoltà finanziaria con conseguente mancanza di liquidità (tra le altre, Trib. Milano 7 gennaio 2013 e Trib. Novara 26 marzo 2013).

In relazione alle sanzioni penali problematiche aperte sul “ne bis in idem”

Va ricordato, inoltre, che, a seguito delle modifiche operate dal DLgs. 158/2015, oggi rilevano anche le “ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione”. Pertanto, per l’integrazione del reato, non sarà necessario prendere in considerazione le certificazioni rilasciate al sostituito, ma sarà sufficiente accertare il mancato versamento dell’importo indicato nel “modello 770”.

In relazione alle sanzioni penali per le omesse ritenute restano, comunque, aperte alcune problematiche sul principio del c.d. “ne bis in idem”: ci si chiede, infatti, se sia possibile sanzionare penalmente il soggetto già sanzionato in via amministrativa dall’Agenzia delle Entrate per la medesima condotta ai sensi dell’art. 13 del DLgs. 471/1997 (cfr. Cass. n. 19334/2015).