Se il contribuente versa subito il dovuto, l’Agenzia dovrebbe provvedere alla comunicazione a integrazione della denuncia inviata

Di Maria Francesca ARTUSI

Il DLgs. 158/2015 ha introdotto una causa di non punibilità connessa al pagamento del debito tributario.
Ai sensi dell’attuale art. 13 del DLgs. 74/2000 i reati conseguenti agli omessi versamenti di ritenute o di IVA (artt. 10-bis e 10-ter) e all’indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater comma 1) non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, compresi sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.

Similmente i reati di infedele e di omessa dichiarazione (artt. 4 e 5 del DLgs. 74/2000) non sono punibili se i debiti tributari, compresi sanzioni e interessi, sono stati estinti con integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo; sempreché ravvedimento o presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Guardando, allora, al rapporto tra il procedimento tributario di accertamento delle violazioni e il procedimento penale ci si può domandare cosa accada se, a seguito del verificarsi di un illecito, avviene tempestivamente il pagamento integrale del debito d’imposta comprensivo dei relativi interessi e sanzioni.
Immaginando, ad esempio, l’invio da parte dell’Agenzia delle Entrate di un atto di recupero per crediti d’imposta utilizzati indebitamente in compensazione (perché non spettanti), il funzionario incaricato della relativa pratica sarebbe tenuto a inviare “senza ritardo” una notizia di reato alla Procura competente, in forza dell’obbligo di denuncia previsto dall’art. 331 c.p.p.

Ma se il contribuente, ricevuto l’avviso, provvede immediatamente al pagamento del dovuto, anche nell’intento di voler evitare i rischi penali conseguenti, è lecito presupporre che l’Agenzia stessa debba provvedere alla ulteriore comunicazione del pagamento alla Procura ad integrazione della denuncia inviata.
A favore di tale ragionamento si pongono sia esigenze di tutela del contribuente, sia esigenze di non attivazione vana della macchina della giustizia.

Laddove, infatti, non fosse l’Agenzia a trasmettere l’attestazione dell’avvenuto pagamento, tale evidenza dovrebbe essere successivamente recepita dal PM su istanza del difensore del contribuente indagato; ma, in tal caso, si sarebbe già in uno stato avanzato del procedimento penale (tendenzialmente dopo l’emissione di un avviso di conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 415-bis c.p.p.) e si renderebbero necessarie ulteriori azioni procedimentali attraverso la formale richiesta di archiviazione da parte della Procura e l’emanazione del successivo decreto da parte del giudice.

Va ricordato in proposito che la causa di non punibilità in esame ha natura oggettiva ed è agilmente riscontrabile sulla base della documentazione che allega il contribuente, non richiedendo ulteriori accertamenti.
Più complessa sarebbe, invece, la situazione nel caso in cui il pagamento non avvenisse in un’unica soluzione, bensì fosse oggetto di rateizzazione.

In tale ipotesi, il contribuente potrebbe certamente beneficiare della non punibilità laddove il versamento dell’ultima rata avvenisse prima dell’apertura del dibattimento; d’altra parte, lo stesso art. 13 del DLgs. 74/2000 regola l’ipotesi in cui il contribuente stia provvedendo all’estinzione del debito tributario mediante rateizzazione, prevedendo l’obbligatoria (“è dato”) concessione di un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. A tale termine può essere sommata un’ulteriore proroga discrezionale motivata del giudice (“qualora lo ritenga necessario”).
Tale disposizione ha sollevato diversi dubbi e criticità su cui non è possibile soffermarsi ora. Vale, però, la pena evidenziare la variabile che è rappresentata dalle tempistiche connesse all’azione penale: se questa viene esercitata “con ritardo”, il reo avrà più tempo per il piano di rateizzazione.

Ulteriori problematicità potrebbero emergere nel caso in cui il piano di rateizzazione rientri nell’alveo di un concordato preventivo, con conseguente immodificabilità delle tempistiche di pagamento (cfr. Trib. Treviso 23 febbraio 2016). L’omologazione del concordato comporta, infatti, il dovere di attenersi a quanto stabilito in ordine alla distribuzione tra i creditori e rende impossibile la scelta di anticipare il pagamento all’Erario per usufruire della causa di non punibilità.
In tutti questi casi, si potrebbe comunque immaginare che, insieme all’ovvia attivazione del contribuente nel voler attestare il pagamento effettuato, l’Agenzia stessa adotti una prassi di follow up rispetto alle denunce inviate, comunicando gli avvenuti pagamenti (integrali o tramite rateizzazione già conclusa).