La Cassazione conferma il prevalente orientamento, ma ancora in relazione alla previgente fattispecie di cui all’art. 3 del DLgs. 74/2000

Di Maurizio MEOLI

La fattispecie di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000 punisce i comportamenti che si risolvono nella presentazione di una dichiarazione che rappresenti operazioni inesistenti, a nulla rilevando che le fatture o i documenti attestanti tali operazioni siano creati dalla stessa persona che presenta la dichiarazione o da terzi. La fattispecie di cui all’art. 3 del DLgs. 74/2000, invece, è diretta a sanzionare i residui comportamenti fraudolenti diversi da quelli “speciali” descritti dal precedente art. 2. È questo il principio di diritto sancito dalla Cassazione, nella sentenza n. 47603 depositata ieri.

Nel caso di specie, i giudici di merito condannavano, sia in primo grado che in appello, un contribuente ritenuto responsabile dei reati tributari di cui agli artt. 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) ed 8del DLgs. 74/2000 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti). Nel ricorso per Cassazione si criticava la qualificazione giuridica attribuita ai fatti contestati. Le fatture utilizzate a supporto della dichiarazione falsa, infatti, erano state create “ex novo” dal medesimo soggetto che aveva provveduto alla relativa presentazione. Ne conseguiva la necessità di inquadrare il fatto “solo” nell’alveo della fattispecie di cui all’art. 3 del DLgs. 74/2000. Circostanza che avrebbe dovuto condurre alla assoluzione dell’imputato, dal momento che, quest’ultima fattispecie, diversamente da quella di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000, è caratterizzata da soglie di punibilità, che, nel caso di specie, non risultavano superate.

La Suprema Corte ritiene il ricorso solo parzialmente fondato. Le fattispecie di cui agli artt. 2, 3 e 8 del DLgs. 74/2000 presentano le seguenti principali caratteristiche: l’art. 2 è connotato dalle modalità della falsificazione della dichiarazione, attraverso la rappresentazione, con fatture o altri documenti, di operazioni inesistenti; l’art. 8 sanziona la condotta di chi emette a favore di altri fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (con i limiti al concorso tra emittente ed utilizzatore disegnati dall’art. 9 del DLgs. 74/2000); l’art. 3 sanziona condotte fraudolente “diverse” da quelle descritte dall’art. 2, come, peraltro, si evince dalla clausola di riserva (“Fuori dai casi previsti dall’articolo 2 …”) con cui si apre la fattispecie.

Questa ricostruzione – si badi bene, avente a fondamento la fattispecie di cui all’art. 3 anteriore alla sostituzione operata dal DLgs. 158/2015 – è oggi fatta propria dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale l’art. 2 del DLgs. 74/2000 si limita ad affermare che devono essere utilizzati documenti per operazioni in tutto o in parte inesistenti, per cui, potendosi attestare la inesistenza con la creazione “ex novo” di un documento falso, come nel caso di specie, o, del pari, utilizzando un documentoideologicamente falso emesso da altri a favore dell’utilizzatore, in entrambi i casi va riconosciuta l’integrazione della fattispecie (cfr., tra le altre, Cass. nn. 52752/201448498/2011 e 9673/2011).

La decisione in commento sottolinea di essere perfettamente al corrente della diversa ricostruzione secondo la quale l’operatività dell’art. 2 del DLgs. 74/2000 sarebbe da limitare ai casi in cui le fatture o gli altri documenti relativi ad operazioni inesistenti siano state emesse da terzi (cfr. Cass. n. 12720/2008 e, soprattutto, Cass. n. 32493/2004), ma di non condividerla. Ciò in quanto tale soluzione da un lato non sarebbe coerente con il dato normativo e dall’altro sarebbe fondata sullo sviluppo di una interpretazione diretta a definire l’ambito di operatività dell’art. 8 del DLgs. 74/2000, che, nel sanzionare l’emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione, prevede evidentemente che l’emittente sia un soggetto “terzo” rispetto al beneficiario della frode, il quale rilascia a proprio nome un documento di spesa non veritiero; così precisandosi che la falsità punita dalla norma è una falsità ideologica, e non materiale.

In particolare, il tema trattato dalla Cassazione n. 32493/2004 non è quello della necessaria provenienza da terzi delle fatture per operazioni inesistenti utilizzate per la falsificazione della dichiarazione punita dall’art. 2, ma, piuttosto, quello della individuazione degli elementi per distinguere tra art. 8 e art. 3 del DLgs. 74/2000; ed è in tale prospettiva che si evidenzia come la condotta descritta dall’art. 8 sia connotata dall’alterità tra l’emittente e l’utilizzatore, mentre l’art. 3 è diretto a sanzionare le condotte genericamente fraudolente che incidono sulla veridicità della dichiarazione.

Pertanto, il ricorso è respinto nella parte in cui richiede di inquadrare il fatto contestato nell’art. 3 del DLgs. 74/2000, essendo irrilevante ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000 il fatto che le fatture per operazioni inesistenti non siano state emesse da un terzo, ma create dallo stesso utilizzatore, mentre è accoltonella parte in cui contesta la responsabilità ex art. 8 del DLgs. 74/2000, che effettivamente presuppone l’alterità tra la persona che emette e la persona che utilizza le fatture.
Ad ogni modo, occorrerà ora valutare quale sarà l’impostazione della Suprema Corte rispetto alla nuova formulazione dell’art. 3 del DLgs. 74/2000, che tra le possibili condotte rilevanti colloca anche l’utilizzazione di “documenti falsi”.