Il Tribunale di Milano sottolinea come non sia configurabile un potere di esclusione dal voto, in autotutela, del socio in sospetto conflitto di interessi
Il presidente dell’assemblea di una società di capitali non può, di sua sponte, escludere dal voto il socio che, in tesi, versi in una situazione di conflitto di interessi rispetto alla società.
Egli, tuttavia, in presenza dei necessari presupposti cautelari, potrebbe essere destinatario di un provvedimento del Tribunale che gli imponga un simile comportamento rispetto allo svolgimento dell’assemblea.
Sono queste le principali indicazioni che emergono dalla lettura della decisione del 9 aprile 2021 del Tribunale di Milano.
Ai sensi dell’art. 2373 comma 1 c.c., la deliberazione dell’assemblea di spa approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell’art. 2377 c.c. qualora possa recarle danno.
In base all’art. 2479-ter comma 2 c.c., inoltre, qualora possano recare danno alla srl, sono impugnabili le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società.
Il testo del citato art. 2479-ter comma 2 c.c., pur se ispirato alla stessa ratio dell’analoga previsione contenuta nell’art. 2373 comma 1 c.c. per le spa, se ne differenzia in quanto, mentre per le spa il conflitto di interessi rileva solo ai fini del raggiungimento del quorum deliberativo, atteso che si parla di “voto determinante”, per le srl assume rilievo la stessa “partecipazione determinante”, con la conseguenza che il conflitto rileva anche per quanto attiene al raggiungimento dello stesso quorum costitutivo. Quindi, nelle srl sarebbero annullabili le decisioni per le quali non solo sia stato determinante il voto del socio per il raggiungimento del quorum deliberativo, ma sia stata tale la stessa partecipazione del socio in conflitto per il raggiungimento del quorum costitutivo (così Trib. Napoli 2 aprile 2019).
Rispetto a tale disciplina, la decisione in commento osserva come il presidente dell’assemblea non sia titolare di un potere – per così dire, di autotutela – quanto alla esclusione dal voto del socio versante in un preteso conflitto di interessi con la società; ciò in quanto il rimedio tipico rispetto all’espressione del voto da parte di tale socio è quello, successivo, dell’impugnazione della delibera in quanto dannosa per l’ente (cfr. anche Cass. n. 5498/1992).
Il rischio, diversamente, come paventato dalla decisione del Tribunale di Milano del 7 ottobre 2003, sarebbe quello di rendere annullabile la delibera in relazione alla quale il presidente dell’assemblea abbia concretamente esercitato tale indebita prerogativa.
Si osserva, peraltro, che, secondo il provvedimento del Tribunale di Brescia del 3 giugno 2009, la possibilità di escludere un socio dalla votazione sarebbe subordinata alla condizione che il presidente rilevi, ictu oculi, da sicuri elementi non richiedenti la soluzione di questioni interpretative, la sussistenza di impedimenti all’esercizio del diritto di voto. Tale delimitazione sarebbe giustificata dal fatto che il potere di esclusione, che comporta nell’immediato il vanificarsi del diritto di voto del socio, non può essere sindacato in sede assembleare, essendo esclusivamente vagliabile dall’autorità giudiziaria nell’eventuale giudizio di impugnazione della delibera assembleare.
Ad ogni modo, osserva la decisione in commento, appare comunque percorribile il rimedio atipico – preventivo – dell’istanza cautelare, ex art. 700 c.p.c., c.d. pre-assembleare, risolventesi nella richiesta di un ordine cautelare al presidente dell’assemblea di tenere un dato comportamento rispetto allo svolgimento dell’assemblea, laddove emergano elementi sintomatici di un prevedibile andamento illecito o abusivo della stessa.
In particolare, si è stabilito che lo strumento in questione non ha come presupposto indefettibile la violazione di un diritto e può essere accordato anche a prescindere dall’avvenuta produzione di un danno perché esso è naturalmente volto ad evitare che un danno si verifichi. Si è, quindi, ritenuta ammissibile la richiesta di emissione di inibitoria al voto nei confronti di soci e di emissione dell’ordine nei confronti del presidente dell’assemblea – già convocata, ma non ancora tenuta – circa il criterio da seguire per l’individuazione dei soggetti che possono esercitare il diritto di voto in assemblea, soprattutto laddove sia prospettato il rischio concreto di invalidità della delibera (cfr. Trib. Milano 20 febbraio 2012 e Trib. Milano 29 marzo 2012, riprese da Trib. Milano 11 luglio 2012).
Si consideri, infine, che, come precisato dalla decisione del Tribunale di Milano del 20 febbraio 2012, anche in questi casi vale il principio posto dall’art. 2378 comma 4 c.c., per cui in materia societaria, nel valutare i presupposti di un provvedimento cautelare, devono compararsi i differenti interessi in gioco.