Diversamente, sottolinea il Caso Assonime n. 6/2021, si finirebbe per avvantaggiare le società meno capitalizzate

Di Maurizio MEOLI

Per verificare se le perdite emerse negli esercizi successivi a quello in corso al 31 dicembre 2020 impongano o meno l’obbligo di attivazione non si deve tenere conto delle perdite emerse nell’esercizio 2020 anche quando siano inferiori a un terzo del capitale. Ad affermarlo è Assonime, nel Caso n. 6/2021 pubblicato ieri.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 6 del DL 23/2020 convertito, come sostituito integralmente dal comma 266 dell’art. 1 della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021), a decorrere dal 1° gennaio 2021, per le perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020 non si applicano gli artt. 2446 commi 2 e 3, 24472482-bis commi 4, 5 e 6 e 2482-ter c.c. e non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484 comma 1 n. 4 e 2545-duodecies c.c. Inoltre, il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo, ex artt. 2446 comma 2 e 2482-bis comma 4 c.c., è posticipato al quinto esercizio successivo; l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.

Nelle ipotesi previste dagli artt. 2447 o 2482-ter c.c. l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo. L’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c. In relazione a tale fattispecie si ribadisce che, fino alla data di tale assemblea, non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484 comma 1 n. 4 e 2545-duodecies c.c.

La norma non chiarisce come trattare le perdite emerse negli esercizi successivi a quello in corso al 31 dicembre 2020 e, in particolare, se, per la verifica dei presupposti sull’eventuale applicazione degli obblighi di legge discendenti dalle suddette perdite successive (di riduzione del capitale e ricapitalizzazione o di scioglimento) si debba o meno tener conto anche delle perdite emerse nel bilancio d’esercizio 2020 quando siano inferiori a un terzo del capitale sociale.

Secondo una prima ricostruzione, le perdite oggetto di sterilizzazione sarebbero solo quelle che incidono sul capitale. Questo perché, nel caso in cui la società registri perdite dal Conto economico del 2020 che siano coperte dalle riserve, non vi sarebbe alcun valore da sterilizzare, in quanto non emergerebbe una perdita “rilevante”.
Secondo altra ricostruzione (cfr., in particolare, la Massima T.A.1 del Comitato triveneto dei Notai), invece, il citato art. 6 contemplerebbe un criterio di attivazione economico e non più patrimoniale. Di conseguenza, l’entità delle perdite oggetto di sterilizzazione sarebbe quella che emerge dal Conto economico del bilancio e non solo quella parte di esse che incide sul capitale nominale in quanto non assorbita da eventuali riserve di patrimonio.

A fronte di ciò, Assonime osserva come, senza dubbio, la finalità “specifica” dell’art. 6 del DL 23/2020 convertito sia quella di impedire l’applicazione degli obblighi di riduzione e ricapitalizzazione previsti dal codice civile per le perdite emerse nel 2020; in quest’ottica, quindi, si rivolge alle perdite “qualificate” dal fatto di incidere in modo significativo sul capitale sociale.

A fronte di tale rilievo, peraltro, Assonime evidenzia come sussistano argomentazioni in grado di supportare una ricostruzione omnicomprensiva delle perdite 2020 da considerare rispetto a quelle verificatesi negli esercizi successivi, senza che rilevi, quindi, l’eventuale incidenza sul capitale sociale.

Dal punto di vista letterale, innanzitutto, il primo comma dell’art. 6 del DL 23/2020 convertito potrebbe essere scisso in una parte generale (nel suo riferimento alle “perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020”), attinente a tutte le perdite, e in un’altra parte che enuncia una regola speciale di non applicazione del regime dell’obbligo legale di riduzione del capitale, ricapitalizzazione o scioglimento.

Al di là di tale profilo, comunque, ad apparire determinante è una adeguata considerazione della ratio della disciplina. Se, infatti, questa è da ricondurre, in senso generale, all’intento di evitare che l’applicazione di rigide regole societarie conducano alla liquidazione di imprese sane a causa di perdite straordinarie derivanti dagli effetti economici della pandemia, la sterilizzazione delle perdite, al fine di verificare il presupposto degli obblighi negli esercizi successivi al 2020, dovrebbe riguardare tutte le perdite accertate dal Conto economico e non solo quelle che incidono in modo significativo sul capitale sociale.

Che questa sia la soluzione preferibile, d’altra parte, deriverebbe anche dalla considerazione che, diversamente ragionando, in presenza di perdite di identico ammontare si finirebbe per avvantaggiare società meno capitalizzate rispetto a realtà dotate di riserve in grado di coprire le perdite in questione.