Nel caso di terzi estranei al reato, non è ammissibile il provvedimento se non è garantita la partecipazione dell’interessato al procedimento
La direttiva 2014/42 relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Ue qualifica come “provento” del reato “ogni vantaggio economico derivato, direttamente o indirettamente, da reati”, il quale “può consistere in qualsiasi bene e include ogni successivo reinvestimento o trasformazione di proventi diretti e qualsiasi vantaggio economicamente valutabile” (art. 2 par. 1).
La Corte di giustizia, nelle cause riunite C-845/19 e C-863/19, afferma che la direttiva in questione deve essere interpretata nel senso che essa non prevede unicamente la confisca dei beni che costituiscono un vantaggio economico derivante dal reato per il quale l’autore dello stesso è stato condannato, ma contempla altresì la confisca dei beni appartenenti a tale autore del reato che derivano da altre condotte criminose. D’altra parte, gli Stati membri non possono permettere la confisca di un bene che appartiene a una persona diversa dall’autore del reato, senza che tale persona abbia la facoltà di intervenire quale parte nel procedimento in cui tale confisca viene ordinata.
Nel caso di specie – di diritto bulgaro – ci si chiedeva se le somme di denaro sequestrate, conseguentemente a una contestazione per delitti legati agli stupefacenti, presso il domicilio degli interessati e della loro famiglia, nonché nella vettura utilizzata da uno di loro, costituissero un siffatto vantaggio economico.
Come rilevato dall’Avvocato generale nelle proprie conclusioni, il legislatore dell’Unione, facendo espressamente riferimento, nel citato articolo 2, ai vantaggi diretti o indiretti, non ha inteso stabilire due nozioni distinte, che sarebbero indipendenti l’una dall’altra, bensì voleva includere nella nozione di provento anche tutte le trasformazioni dei beni derivanti dal reato nonché gli altri incrementi di valore generati da questi ultimi.
Questa pronuncia offre l’occasione per tornare su alcuni principi in materia di confisca. La direttiva in esame impone, infatti, agli Stati membri di prevedere una confisca in tre ipotesi: confisca “classica”, confisca estesa, confisca nei confronti di terzi (artt. 4, 5 e 6).
La prima ipotesi delinea le misure necessarie per poter procedere alla confisca, totale o parziale, segnatamente, dei proventi, ossia dei vantaggi economici derivanti, direttamente o indirettamente, da reati, subordinatamente a una condanna definitiva per un reato, ivi compresa un’eventuale condanna pronunciata nell’ambito di un procedimento in contumacia. A questo proposito, occorre rilevare che, sebbene tale disposizione preveda una condanna definitiva per un reato, essa non precisa però se tale reato debba necessariamente essere quello da cui deriva il provento in questione oppure se possa trattarsi di un altro reato eventualmente connesso con il primo.
In virtù dell’art. 5, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per poter procedere alla confisca, totale o parziale, dei beni che appartengono a una persona condannata per un reato suscettibile di produrre, direttamente o indirettamente, un vantaggio economico, qualora l’autorità giudiziaria, in base alle circostanze del caso, compresi i fatti specifici e gli elementi di prova disponibili, sia convinta che i beni in questione derivano da condotte criminose. Pertanto, occorre considerare che la confisca estesa, prevista da tale art. 5, ricomprende situazioni nelle quali l’art. 4 della medesima direttiva non può essere applicato in ragione dell’assenza di un nesso tra il bene in questione e il reato per il quale è stata pronunciata la condanna definitiva.
Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’art. 6, relativo alla confisca nei confronti di terzi, tale norma sollecita gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per poter procedere alla confisca di proventi, o di altri beni di valore corrispondente a quello dei proventi, che siano stati trasferiti, direttamente o indirettamente, a soggetti terzi da un indagato o da un imputato, o che siano stati acquisiti da terzi presso un indagato o un imputato, almeno quando tali terzi sapevano o avrebbero dovuto sapere che il trasferimento o l’acquisizione aveva lo scopo di evitare la confisca.
A questo proposito, viene rilevato dai giudici di Lussemburgo che tale confisca presuppone che sia dimostrata l’esistenza di un trasferimento di proventi a un terzo o l’esistenza di un’acquisizione di proventi siffatti da parte di un terzo, nonché la conoscenza, da parte di tale terzo, del fatto che il trasferimento o l’acquisizione in questione aveva lo scopo, per la persona indagata o la persona imputata, di evitare la confisca.
Resta inteso che, nel caso di coinvolgimento di terzi estranei al reato, valgono le garanzie previste dall’art. 8 della direttiva 2014/42, nonché dall’art. 47 della CEDU (diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale); pertanto non è ammissibile il provvedimento se non è garantita la partecipazione dell’interessato al procedimento.