Va valutata, però, la sussistenza o meno di una «giusta causa», stante l’applicabilità analogica dell’art. 2383 comma 3 c.c.

Di Redazione EUTEKNE

Il Tribunale di Milano, nella sentenza n. 4240/2021, ha precisato che la delega concessa dal CdA può essere revocata, o anche solo modificata con l’introduzione di limitazioni, da parte dell’organo collegiale, al pari di quanto è riconosciuto ex lege all’assemblea dei soci rispetto alla revoca ad nutum dall’incarico di amministratore, trattandosi di deleghe ripartite fiduciariamente all’interno del collegio, il cui esercizio comporta ricadute in punto di responsabilità anche degli altri membri.

Ne deriva che – fatti salvi i limiti che derivano dai principi generali dell’ordinamento in tema di abuso del diritto – la revoca della delega (esclusiva o condivisa) alla gestione di una società di capitali, così come a monte il suo conferimento, costituisce atto giuridico di organizzazione che non tollera alcun vaglio di merito e non ne consente la sindacabilità ai fini della tutela reale.
Va valutata, tuttavia, la sussistenza o meno di una “giusta causa” sottesa alla delibera di revoca delle deleghe, stante l’applicabilità analogica dell’art. 2383 comma 3 c.c.

Nell’applicare tale disposizione, peraltro, la nozione di “giusta causa” deve necessariamente essere adeguata, non potendo utilizzarsi tout court la medesima nozione di giusta causa elaborata dalla giurisprudenza nei rapporti fra l’assemblea dei soci e i singoli amministratori.

Mentre in tal caso la giusta causa si concretizza in circostanze o fatti idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto e tali da elidere l’affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e capacità dell’amministratore (cfr. Cass. n. 18182/2019 e Cass. n. 23381/2013), nei rapporti interni al CdA – dove la scelta dell’interna distribuzione dei poteri non può essere sindacata – può ritenersi sufficiente:
– da un lato, la garanzia offerta dal rispetto di adeguate – anche se minime – formalità, a tutela del diritto all’informazione del singolo consigliere, garantendo un effettivo contraddittorio;
– dall’altro, l’esternazione di un ragionevole motivo da valutarsi in ottica meramente oggettiva (interesse della società), che come tale possa essere apprezzato anche all’esterno, al fine di evitare soprusi, dovendosi in ogni caso anteporre l’interesse all’efficace funzionamento dell’organo alle esigenze personali dei singoli membri.

Si ritiene, quindi, che il venir meno del rapporto fiduciario fra titolare del potere di rappresentanza dell’ente e il suo vice possa giustificare la revoca qualora la condotta del delegato si ponga in oggettivo contrasto con le linee d’azione condivise da tutto l’organo.