Anche per i professionisti dal 15 ottobre occorrerà fare i conti con l’obbligo della certificazione verde COVID-19
Il DL 127/2021, integrando le disposizioni del DL 52/2021, ha esteso al lavoro pubblico e privato l’obbligo di essere in possesso del green pass per accedere sul luogo di lavoro, con una portata così ampia da coinvolgere tutti i lavoratori, per cui anche i professionisti dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni a partire dal 15 ottobre prossimo, ma le lacune normative lasciano aperte alcune questioni.
Nessun dubbio può esservi circa la necessità per il professionista di essere in possesso della certificazione verde tutte le volte in cui si rechi presso un cliente, Pubblica Amministrazione o azienda privata, per svolgere la propria prestazione. Sia il comma 2 dell’art. 9-quinques per le amministrazioni pubbliche sia il comma 2 dell’art. 9-septies per il settore privato prevedono, infatti, che l’obbligo riguardi tutti i soggetti che svolgono la loro attività presso l’amministrazione o l’azienda anche sulla base di contratti esterni, tra cui rientra sicuramente un incarico professionale.
Più dubbia appare la questione quando il professionista debba accedere ad una Pubblica Amministrazione nell’esercizio della sua attività, ma senza essere legato da un rapporto professionale con tale amministrazione, come ad esempio nel caso di un commercialista che debba presentarsi presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate per discutere di un accertamento a carico di un suo cliente.
L’unica disposizione espressa in proposito è quella contenuta nell’ultimo comma dell’art. 9-sexies, dedicato all’attività negli uffici giudiziari, secondo cui le disposizioni sull’obbligo della certificazione per l’accesso non si applicano, tra gli altri, agli avvocati e agli altri difensori, ai consulenti, ai periti e agli altri ausiliari del magistrato. La previsione di una esenzione specifica ed espressa, che riguarda anche testimoni e parti del processo, può essere letta in due modi: come l’espressione di un principio generale, da estendere a tutti gli utenti della Pubblica Amministrazione, che possono quindi legittimamente accedere agli uffici pubblici senza essere in possesso del green pass, anche quando questo accesso sia determinato dallo svolgimento della loro attività professionale; come un’eccezione riservata alla sola amministrazione della giustizia, vista la delicatezza della funzione.
Una maggior chiarezza del legislatore sul punto sarebbe stata auspicabile e la questione potrà forse essere oggetto di chiarimenti nelle linee guida la cui adozione è prevista per la Pubblica Amministrazione dal quinto comma dell’art. 9-quinquies. Ragioni di carattere logico e sistematico inducono a ritenere che l’interpretazione più corretta sia la prima, dal momento che sarebbe davvero incomprensibile che lo stesso commercialista debba essere munito di certificazione solo se deve recarsi presso l’Agenzia delle Entrate per discutere dell’accertamento di un suo cliente e non se l’accertamento lo riguarda personalmente. Non ha contribuito a fare chiarezza su questo aspetto la risposta ad una FAQ del Governo, secondo cui “il libero professionista quando accede nei luoghi di lavoro pubblici o privati per lo svolgimento della propria attività lavorativa viene controllato dai soggetti previsti dal decreto-legge n. 127 del 2021”, prestandosi ad entrambe le letture.
Per quanto riguarda l’attività nel proprio studio professionale, il discorso pare più semplice, anche se alcuni dubbi rimangono.
Se il professionista ha dipendenti o collaboratori è a tutti gli effetti un datore di lavoro, nell’accezione ampia di cui all’art. 9-septies, per cui dovrà controllare, direttamente o tramite un delegato, il possesso del green pass dei lavoratori che si recano in studio per rendere la propria prestazione, nonché definire preventivamente tale procedura di controllo, al pari degli altri datori di lavoro. In questo caso, come affermato anche in una FAQ del Governo in relazione al titolare dell’azienda, il delegato al controllo dovrà verificare il possesso della certificazione anche da parte del titolare dello studio, essendo logico che l’obbligo riguardi tutti i soggetti che lavorano in studio.
Quando, invece, il professionista svolge la propria attività da solo non dovrebbe essere soggetto ad alcun obbligo in proposito, non rivestendo la qualifica di datore di lavoro, neppure in senso ampio, e non condividendo il proprio ambiente di lavoro con altri soggetti, che potrebbero essere esposti ad un rischio di contagio più alto.
Per quanto riguarda infine i clienti, è da escludere un obbligo di controllo nei loro confronti, come confermato anche dalla FAQ del Governo relativa alla fattispecie analoga del tassista, ciò a prescindere dalle ragioni lavorative o personali che portano il cliente a recarsi nello studio del professionista.