Qualificazione fiscale di ciascuna società in base ai valori delle partecipazioni detenute

Di Gianluca ODETTO

Nella predisposizione dei progetti di bilancio riferiti al 2023 occorre, come di consueto, prestare particolare attenzione alle situazioni delle società che gestiscono partecipazioni. Le valutazioni da fare attengono sia agli aspetti civilistici che a quelli fiscali.

Sotto il primo profilo, va verificato se la società rientri tra gli “enti di investimento” o (più frequentemente) tra le “imprese di partecipazione finanziaria”, soggetti esclusi dalle semplificazioni per le micro imprese a norma dell’art. 2435-ter comma 5 c.c. e, conseguentemente, tenuti a redigere la Nota integrativa e la Relazione sulla gestione.
Il tema è tuttora foriero di incertezze. Concentrando l’attenzione sulle “imprese di partecipazione finanziaria”, la relativa nozione è contenuta nell’art. 2, n. 15, della direttiva 2013/34/Ue: sono tali le imprese il cui unico oggetto è l’acquisizione di partecipazioni e la relativa gestione e valorizzazione senza coinvolgimenti diretti o indiretti nella gestione delle partecipate.

Su questi presupposti è stata a suo tempo proposta dalla circ. Assoholding n. 1/2022 (§ 4.3) una linea di discrimine “macro” tra holding statiche, che si limitano alla detenzione delle partecipazioni e all’esercizio nelle assemblee delle partecipate dei diritti di voto senza ingerenze nelle decisioni delle partecipate medesime, le quali verrebbero incluse tra le “imprese di partecipazione finanziaria”, e holding che, invece, forniscono in modo attivo servizi alle partecipate, le quali ne fuoriuscirebbero, potendo così accedere alle semplificazioni per le micro imprese.

A maggior ragione, non rappresenterebbero “imprese di partecipazione finanziaria” le holding miste, le quali affiancano alla detenzione di partecipazioni altre attività (tipicamente, la gestione immobiliare).
Sotto il profilo fiscale, le distinzioni sono di altra natura. La norma di riferimento è l’art. 162-bis del TUIR, su cui la riforma fiscale in itinere non apporta modifiche in modo diretto, il quale regola le “società di partecipazione” (società che esercitano in via prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni), distinguendo a sua volta tra società di partecipazione finanziaria e società di partecipazione non finanziaria a seconda della tipologia di attività esercitata dalle partecipate.

Come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 40/2021, il test da operare è a due vie:
– in primo luogo, si valuta se il valore complessivo delle partecipazioni detenute eccede il 50% dell’attivo patrimoniale; se questo primo test è superato, la società si qualifica come società di partecipazione ai sensi dell’art. 162-bis del TUIR;
– in secondo luogo, si accerta se la società rientra tra le holding finanziarie o tra le holding industriali valutando quale delle due classi delle partecipazioni rappresenta la maggioranza delle partecipazioni detenute (e non la maggioranza dell’attivo).