È necessario individuare gli effetti pregiudizievoli della condotta sul patrimonio sociale

Di Maria Francesca ARTUSI

Le operazioni dolose che sono presupposto della fattispecie di c.d. bancarotta impropria o societaria disciplinata dall’art. 223 comma 2 n. 2 del RD 267/1942 (oggi art. 329 del DLgs. 14/2019) attengono alla commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsecamente pericolosi per la “salute” economico-finanziaria dell’impresa. Esse richiedono una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato (cfr. Cass. nn. 17408/2014 e 47621/2014).

Si tratta di un reato a forma libera, cioè comprensiva di ogni modalità della condotta. Tra le condotte e l’evento fallimento vi deve essere un nesso di causalità materiale, dovendo ritenersi causa del dissesto le condotte che abbiano avuto come risultato necessario effetti pregiudizievoli per il patrimonio e/o un’indebita diminuzione dell’attivo o un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l’impresa e dalle quali sia poi derivato causalmente il fallimento. La giurisprudenza ha chiarito, altresì, che il reato di bancarotta impropria da reato societario sussiste anche quando la condotta illecita abbia concorso a determinare solo un aggravamento del dissesto già in atto della società (tra le altre, cfr. Cass. n. 29885/2017).

La Cassazione torna ad esaminare tale reato nella sentenza n. 40971, depositata ieri, in cui l’amministratore di fatto di una srl era stato condannato in appello per aver cagionato il fallimento della società mediante operazioni dolose, consistite nella sottoscrizione o dichiarazione di sottoscrizione di aumento di capitale attraverso l’apporto di risorse finanziarie di cui non aveva disponibilità e, quindi, mai versate. Tant’è che in prima battuta era stata contestata una condotta di bancarotta societaria in relazione al reato di formazione fittizia di capitale ex art. 2632 c.c. (art. 223 comma 2 n. 1 del RD 267/42); poi riqualificato nell’alternativa condotta di operazioni dolose prevista dal n. 2 della medesima disposizione.