Necessario che il patrimonio netto si riduca sensibilmente secondo la disciplina civilistica

Di Fabrizio BAVA e Alain DEVALLE

Tutte le imprese devono dotarsi di un adeguato assetto volto a “rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore” (si veda “Redazione di situazioni periodiche per rilevare squilibri d’impresa” del 9 febbraio).

Approfondiamo il tema dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario. Lo squilibrio unicamente di tipo patrimoniale, anche se spesso è accompagnato da squilibrio economico e finanziario, non costituisce, di per sé, segnale di crisi (se non nel caso in cui il valore del patrimonio netto si riduca significativamente a tal punto da rientrare nella disciplina di tutela del capitale sociale previsto dal Codice civile). Vi possono essere imprese che, per il tipo di business che svolgono (ad esempio, attività d’impresa che non richiedono significativi investimenti), non hanno l’esigenza di disporre di un significativo patrimonio netto. In tali casi, una situazione di “sottocapitalizzazione” non necessariamente rappresenta una criticità per l’impresa.

Il punto di interesse è proprio la definizione di “squilibrio patrimoniale”: il documento del Consiglio nazionale sugli indici di allerta (bozza documento CNDCEC 19 ottobre 2019) riteneva un segnale di crisi la presenza di un “patrimonio netto negativo o, per le società di capitali, al di sotto del limite di legge. Il patrimonio netto diviene negativo o scende sotto il limite legale per effetto di perdite di esercizio, anche cumulate e rappresenta una causa di scioglimento della società di capitali (art. 2484, co. 4 cod. civ.). Indipendentemente dalla situazione finanziaria, detta circostanza costituisce quindi un pregiudizio alla continuità aziendale, fintantoché le perdite non siano state ripianate e il capitale sociale riportato almeno al limite legale”.

Quanto sopra riportato è assolutamente condivisibile: un patrimonio netto che  non è in linea con quanto definito dalla tutela del capitale prevista dal codice civile richiede certamente un intervento da parte degli organi gestori e degli organi di controllo (salvo l’applicabilità di norme in deroga).
Tuttavia, nella prassi aziendalistica, lo squilibrio di carattere patrimoniale si identifica già molto prima, in situazioni decisamente meno “gravi” rispetto a quanto sopra indicato.

L’equilibrio patrimoniale è monitorato verificando la presenza di un adeguato patrimonio netto rispetto alle fonti di finanziamento complessive dell’impresa.
Gli indici che si utilizzano per monitorare l’adeguatezza del patrimonio netto sono l’indipendenza finanziaria nelle diverse configurazioni quale, ad esempio, il rapporto tra l’ammontare del patrimonio netto e il totale passivo.

Nella prassi, l’indicatore che è molto utilizzato è il rapporto tra debiti finanziari (debt) e patrimonio netto (equity) e gli standard di riferimento assumono come valore ottimo un rapporto compreso nel range 0-1, buono/discreto tra 1-2 e sopra 3 invece viene considerato un livello di indebitamento elevato. Come si può notare nella prassi e nella dottrina si ha uno “squilibrio” patrimoniale in situazioni in cui il patrimonio netto è abbondantemente positivo, ma di ammontare ridotto rispetto al valore dell’indebitamento.
Tale indicatore può quindi identificare uno squilibrio che da solo però non è in grado di identificare una situazione di crisi, in quanto dipenderà dalla capacità dell’impresa di essere in grado di rimborsare i debiti finanziari.

In altri termini, qualora l’indicatore Debt/equity indichi una situazione di “squilibrio” significa che l’impresa ha un ammontare di debiti finanziari rilevante (e certamente ciò potrebbe limitare la possibilità dell’impresa di ottenere nuovo credito).
Tuttavia, ciò non significa che l’impresa non è in grado di rimborsare il debito: per rispondere a questa domanda occorre calcolare ulteriori indicatori quali il DSCR o debiti finanziari rapportato al Margine operativo lordo dell’impresa. Se quindi il Debt Equity ratio è maggiore di 3, ma la società è in grado di rimborsare i finanziamenti, ciò non richiederà interventi da parte dell’organo gestorio o degli organi di controllo. Se invece, la società, a fronte di tale elevato indebitamento per effetto dei margini economici in diminuzione, non fosse in grado di generare flussi finanziari sufficienti, allora occorrerà intervenire con strumenti idonei.

La presenza invece di un patrimonio netto negativo o inferiore al limite di legge richiede l’intervento da parte degli organi gestori in relazione alle norme di tutela del capitale vigenti.