Le nuove discipline europee su report e due diligence di sostenibilità attirano ricadute sulle competenze e le responsabilità degli amministratori

Di Paolo VERNERO e Federico CATTAROSSI

Soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura: questa è la definizione di sviluppo sostenibile indicato dall’Agenda 2030 delle Nazioni unite, nonché il leit motiv dei nostri tempi.
Questo processo riflette pienamente i valori europei di tutela ambientale, giustizia sociale, governance, economia sociale di mercato, e trova il suo concreto indirizzo nella vigorosa (si direbbe anche un po’ tumultuosa) evoluzione normativa e regolamentare della Commissione europea in ambito sostenibilità e, quindi, nelle sue tre declinazioni essenziali, Enviromental-Social-Governance, cioè i cosiddetti fattori ESG.

Il corposo pacchetto normativo-regolamentare europeo comprende:
– il regolamento Ue 2020/852 sulla tassonomia e i relativi decreti attuativi, una sorta di mappa sugli investimenti sostenibili (ancora in via di completamento);
– il regolamento Ue n. 2019/2088 (SFDR) relativo agli obblighi di reporting sulla sostenibilità degli operatori finanziari, cioè dei c.d. market partecipant, teso a contrastare i fenomeni di green washing, cioè di operazioni di facciata e di marketing (non corretto) da parte di operatori finanziari nella proposta di nuovi prodotti e nella raccolta di fondi, che hanno il solo scopo di fare apparire appetibili all’investitore responsabile prodotti senza alcuna reale caratteristica di sostenibilità ed ESG;
– la recente approvazione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) con l’intento di rafforzare le norme esistenti sulla rendicontazione non finanziaria che oggi manifestano l’esigenza di un loro refresh e aggiornamento (trattasi in particolare della direttiva Ue 2014/95 – cosiddetta NFRD – recepita dal nostro Paese con la DNF, il DLgs. 254/2016);
– lo sviluppo degli standard da applicare per la rendicontazione che spetta all’ EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), organismo indipendente di consulenza composto da diversi tipi di stakeholder Ue ed il cui riferimento in Italia è l’OIC (Organismo italiano di contabilità) come disposto dal DL 228/2021.

Con riferimento all’ultimo aspetto si evidenzia come l’EFRAG abbia recentemente pubblicato una prima bozza degli standard di rendicontazione di sostenibilita? (ESRS) e, a sua volta, l’OIC abbia elaborato il proprio parere in merito. Una volta adottati, questi standard di rendicontazione saranno utilizzati dalle imprese soggette alla CSRD, garantendo che le aziende siano pienamente trasparenti riguardo al loro impatto sulle persone e sull’ambiente, nonche? ai rischi che corrono a causa del cambiamento climatico e di altre questioni legate alla sostenibilita?.

Da rilevare, infine, che è pronta anche la bozza di direttiva della Commissione Ue, Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD), relativa ai requisiti obbligatori di due diligence che le aziende dovranno attuare per identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi dell’attività delle aziende sui diritti umani e sull’ambiente. L’aspetto più importante previsto dalla proposta di direttiva è la previsione di una sua applicazione “estesa”: non solo alle attività dell’azienda, ma anche alle sue filiali e alle catene di fornitura, compresi i rapporti commerciali diretti e indiretti, quindi in sostanza alla c.d. value chain.

Pur in assenza di specifici obblighi normativi, anche le PMI devono intercettare tempestivamente l’esigenza di trasformazione per non rimanere escluse dal mercato del credito/finanziamento e del business nella cui filiera operano e sono inserite. Gli amministratori delle PMI dovranno quindi valutare e gestire le opportunità? e i rischi dei profili ESG rispetto alla propria attività?, naturalmente in proporzione alle loro dimensioni e natura.

La gestione della sostenibilità è infatti determinante sia per la direzione strategica dell’impresa che per il monitoraggio e l’assurance della sua continuità aziendale. Le nuove discipline europee in materia di report e due diligence di sostenibilità attirano infatti le ricadute sulla funzione amministrativa e sugli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili dell’impresa nonché sulle competenze e le nuove responsabilità degli amministratori.