La gestione può risultare complessa, specie quando sono interessati anni diversi

Di Mirco GAZZERA

Ai fini del plafond IVA, gli esportatori abituali devono porre particolare attenzione alle note di debito e a quelle di credito, soprattutto se emesse o ricevute negli anni successivi al periodo d’imposta in cui è avvenuta l’operazione originaria. In merito a questo tema, alcuni chiarimenti sono stati forniti nell’ormai risalente circ. Agenzia delle Dogane n. 8/2003, anche per scoraggiare fenomeni elusivi.

Alla formazione del plafond concorrono le operazioni attive non imponibili registrate nell’anno solare precedente o nei 12 mesi anteriori, a seconda che sia adottato, rispettivamente, il metodo del plafond fisso o quello del plafond mobile (art. 2 comma 2 della L. 28/97).
Con riguardo alle note di debito emesse dall’esportatore abituale, la predetta circolare ha precisato che:
– se la nota è emessa nel corso dell’anno in cui è stata effettuata l’operazione, si incrementa il plafond disponibile di tale periodo;
– se la nota è emessa l’anno successivo, non aumenta il plafond di quel periodo, ma quello dell’anno in cui ha avuto origine l’operazione principale;
– se la nota è emessa in anni ancora successivi, non accresce il plafond del periodo in cui è registrata, né la stessa può incidere sul plafond dell’anno durante il quale era stata effettuata l’operazione principale.

Le note di credito sono facoltative e, anche se non emesse con valenza IVA, riducono dell’ammontare corrispondente la disponibilità del plafond. In base alla circolare, tali documenti diminuiscono il plafond per l’anno in cui è stata effettuata l’operazione principale. Qualora la variazione sia operata successivamente a questo periodo, dunque, sussiste il rischio che si determini uno splafonamento. Per detto motivo, è prassi non “spendere” integralmente tutto il plafond disponibile nell’anno, ma conservarne una parte per gestire riduzioni avvenute a posteriori.

Secondo la Cassazione n. 15059/2014, invece, il diritto di detrarre l’IVA corrispondente alla variazione non intacca il plafond determinato nell’anno precedente. In questa pronuncia, infatti, i giudici hanno sostenuto che l’esercizio di tale diritto non può essere compromesso dall’obbligo di regolarizzazione che deriverebbe dalla riduzione del plafond.

Il plafond disponibile è utilizzato nel momento in cui l’operazione si considera effettuata, pertanto:
– alla data di consegna o spedizione, per l’acquisto di beni “nazionali” (art. 6 comma 1 del DPR 633/72);
– alla data del pagamento del corrispettivo, per le prestazioni di servizi (art. 6 comma 3 del DPR 633/72);
– alla data di accettazione della dichiarazione doganale, per le importazioni di beni nel territorio dello Stato (art. 36 comma 2 del DPR 43/73);
– al momento di inizio del trasporto o della spedizione al cessionario dal territorio dello Stato membro Ue di provenienza, per gli acquisti intracomunitari di beni (art. 39 comma 1 del DL 331/93).

Di conseguenza, non rileva la data di registrazione della fattura di acquisto o di annotazione della dichiarazione doganale di importazione. Inoltre, si deve prestare particolare attenzione agli acquisti avvenuti con fatturazione differita (art. 21 comma 4 lett. a) del DPR 633/72). In questo caso, infatti, il plafond dell’esportatore abituale si considera utilizzato già alla data di emissione del documento di trasporto (si veda “Criteri diversi per la maturazione e l’utilizzo del plafond” del 25 gennaio 2021).

Le note di debito ricevute dall’esportatore abituale incrementano il plafond utilizzato relativo al periodo di effettuazione dell’acquisto in regime di non imponibilità IVA, anche se ricevute nell’anno o negli anni successivi. La posizione della prassi amministrativa appare confermata dalla Cassazione n. 25485/2019 secondo cui, ai fini della verifica della capienza del plafond, occorre fare riferimento all’anno di registrazione della fattura relativa all’operazione originaria e non a quello in cui è stato registrato il documento che modifica la stessa ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72 (si veda “Variazione del plafond se il fornitore emette nota di debito” dell’11 ottobre 2019). Tale principio sembra coerente con quello formulato dalla Cassazione n. 30800/2022 in base al quale, quando un’operazione effettuata da un esportatore abituale muta successivamente la propria natura, passando da non imponibile IVA a imponibile, l’entità del plafond si riduce (c.d. “splafonamento postumo”).

L’esportatore abituale non assume alcun obbligo se il fornitore decide di non emettere una nota di credito, pur in presenza di una delle fattispecie previste dall’art. 26 del DPR 633/72. Qualora il documento sia ricevuto entro l’anno in cui è stato effettuato e registrato l’acquisto in regime di non imponibilità IVA, il plafond utilizzato diminuisce del relativo ammontare.