Una ricerca dei commercialisti dimostra che per ogni euro di uscita pubblica ne ritornano 43,3 centesimi, con un costo netto di 56,7 centesimi

Di SAVINO GALLO

Nel biennio 2020-2021, a fronte di 1 euro di uscita finanziaria pubblica in termini di crediti o detrazioni fiscali riconosciuti ai contribuenti in relazione ai bonus edilizi, ne ritornano 43,3 centesimi, riducendo il costo netto per lo Stato a 56,7 centesimi. Con la ricerca intitolata “L’impatto economico del superbonus 110% e il costo effettivo per lo Stato dei bonus edilizi”, Consiglio e Fondazione nazionale dei commercialisti si inseriscono nel dibattito pubblico su uno dei temi più caldi del momento, provando a fare chiarezza riguardo ai reali effetti della misura sulle casse pubbliche.

“Le relazioni tecniche che hanno accompagnato il lancio del superbonus 110% – spiegano i commercialisti – hanno fortemente sottostimato gli effetti finanziari” di questo strumento, che è sì risultato “molto più costoso di quanto previsto”, ma ha anche prodotto un ritorno finanziario per le casse dello Stato “anch’esso molto più alto di quanto stimato”, a cui vanno aggiunti “i rilevanti effetti positivi sull’occupazione e sul reddito di famiglie e imprese”.

Alla base dello studio c’è un “modello alternativo” di calcolo rispetto a quello utilizzato dalla Ragioneria generale. L’ipotesi chiave è che per il calcolo del maggior reddito prodotto dall’economia e, di conseguenza, le maggiori entrate incassate dallo Stato, “bisogna tenere conto dell’intero effetto moltiplicativo della spesa aggiuntiva generata dal superbonus 110% e, soprattutto, dalla possibilità di optare per lo sconto sul corrispettivo e la cessione del credito, in alternativa alla detrazione in dichiarazione”.

Seguendo questo schema, vengono analizzati tutti i dati disponibili fino ad ora e formulate alcune ipotesi base, che permettono di stimare “una spesa agevolata totale per tutto il 2021 pari a poco più di 55 miliardi di euro, di cui circa 27 miliardi imputabili ai bonus ordinari e 28,3 miliardi al superbonus 110%”.

Tenendo conto dell’“effetto iperespansivo” avuto dal superbonus 110% e dalla possibilità di scontare o cedere il credito a terzi, possibilità estesa contestualmente anche agli altri bonus edilizi, la ricerca dimostra che “il costo lordo per lo Stato, solo per il 2021, è stato, in realtà, più alto di oltre 21 miliardi di euro, mentre l’effetto fiscale indotto, che simula le maggiori entrate per lo Stato, è stato pari a quasi 12 miliardi di euro, determinando un costo netto aggiuntivo per lo Stato di circa 9,5 miliardi di euro”.

Il focus sul settore delle costruzioni rende l’idea dell’effetto iperespansivo di cui parla la ricerca: lo scorso anno la produzione totale è aumentata del 20,2% e il valore aggiunto del 21,6%, ovvero “3,2 volte più alto del tasso di crescita totale dell’economia”. Al netto dell’inflazione, la produzione si è incrementata di 35,8 miliardi, mentre il valore aggiunto è aumentato di 13,9 miliardi di euro. L’occupazione è cresciuta del 6% contro il +0,6% dell’intera economia, mentre il fatturato delle imprese, misurato solo per le società di capitali, è aumentato del 39,5% contro il +25,7% del totale. La ricerca stima che, per il 2021, il solo effetto espansivo generato dal superbonus 110% abbia inciso per il 15% sulla crescita complessiva”, con una tendenza ancora più marcata sul 2022 fino al “triplo di quanto accaduto” l’anno precedente.

L’obiettivo della ricerca, spiega Salvatore Regalbuto, Tesoriere del CNDCEC con delega alla fiscalità, è quello di offrire un contributo che possa consentire “valutazioni adeguate e scevre da posizioni preconcette” sul futuro del superbonus. Uno strumento che i commercialisti auspicano possa rendersi “strutturale” pur con una percentuale di detrazione ridotta che, “oltre a rendere più sostenibile la misura, innesca anche il necessario contrasto di interessi tra imprese e committenti, evitando così ingiustificati rialzi dei prezzi nel comparto dell’edilizia”.

“Se la volontà sarà quella di garantire una maggiore stabilità dell’agevolazione – aggiunge Regalbuto, che ha coordinato i lavori del gruppo di studio che ha realizzato la ricerca – per incentivare l’avvio di nuovi interventi sarà comunque necessario che l’aliquota della detrazione resti allettante e che siano confermate le opzioni alternative per lo sconto in fattura e la cessione del credito”. Allo stesso tempo, si dovrà giungere a una “profonda semplificazione del quadro normativo di riferimento, preservando e valorizzando l’importante ruolo di garanzia dell’interesse pubblico svolto dai professionisti in varia misura coinvolti nel processo stesso”.