Con la definizione delle liti sanzioni stralciate al 60% o all’85%

Di ALFIO CISSELLO

Il legislatore, tanto in occasione delle definizioni del DL 119/2018 quanto in relazione a quelle disciplinate dal Ddl. di bilancio 2023 (attualmente in corso di esame in sede parlamentare), ha assunto un approccio assai ambiguo per quanto riguarda le sanzioni ex art. 5 del DL 167/90 sull’omessa o infedele compilazione del quadro RW.
Per tali violazioni è irrogata una sanzione dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato. Qualora le attività estere di natura finanziaria o gli investimenti siano detenuti in Paradisi fiscali, la sanzione è raddoppiata, e diviene dal 6% al 30% degli importi non dichiarati.

A livello di dibattito politico, emerge una forte ritrosia a ritenere sanabili queste tipologie di violazioni.
Nei fatti, però, il discorso è molto diverso: solo quando la violazione è stata commessa senza che sia stata contestata (o sia stata contestata, ma non c’è stato il ricorso) la definizione è preclusa.
Se, invece, è pendente una lite o se addirittura le somme sono state iscritte a ruolo, la definizione non solo è ammessa (sia pure senza un esplicito riferimento al quadro RW), ma ci sono forti sconti, se non un azzeramento delle sanzioni.

Per quanto riguarda le definizioni del Ddl. di bilancio 2023, le violazioni in tema di quadro RW non possono essere sanate tramite ravvedimento operoso speciale, né tramite definizione degli accertamenti (trattandosi peraltro di atti di contestazione separata delle sanzioni, non oggetto tout court di definizione).
In egual misura, non rientrano nella definizione delle violazioni formali, sanabili pagando 200 euro per periodo di imposta.

Compare, nei testi di riferimento, il seguente inciso: “La procedura non può essere esperita dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato”.
Insomma, in questi casi il contribuente, a seconda dei casi, o si ravvede secondo le regole ordinarie (si segnala lo sbarramento temporale dei 90 giorni se si è verificata la completa omissione della dichiarazione dei redditi) oppure definisce al terzo l’atto di contestazione, sempre secondo le regole ordinarie.

Tutto cambia se, al 1° gennaio 2023, c’è una lite pendente. Trattandosi di sanzione non collegata al tributo, la definizione è possibile pagando:
– il 15% delle sanzioni “in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio” (senza distinzione tra primo e secondo grado);
– il 40% negli altri casi (anche quando il contribuente è risultato soccombente in giudizio, senza distinzione tra primo e secondo grado).

Insomma, per il solo fatto che ci sia stato il ricorso le sanzioni sono di diritto stralciate al 60%, a prescindere dalla fondatezza o meno del ricorso. Anzi, se il ricorso è stato ritenuto infondato sia in primo sia in secondo grado, spetta sempre lo stralcio del 60%.
Se le sanzioni non sono state pagate a seguito dell’atto di contestazione, o su di esse c’è stata la sentenza di secondo grado favorevole all’Erario, possono essere state iscritte a ruolo per il loro intero ammontare.
Ove il ruolo sia stato consegnato entro il 30 giugno 2022, l’intero importo verrà stralciato per effetto della rottamazione dei ruoli, su domanda del contribuente.
Nella peggiore delle ipotesi, in base a queste definizioni c’è, come visto, l’abbattimento del 60% delle sanzioni.