Il processo deve essere pendente a inizio 2023 e l’accordo va concluso entro fine giugno

Di ALFIO CISSELLO

L’art. 43 del disegno di legge di bilancio 2023 ha previsto una conciliazione giudiziale rafforzata, alternativa alla definizione delle liti.
In sostanza si tratta di una particolare forma di conciliazione che, per quanto non derogato o non previsto, segue le comuni regole degli artt. da 48 a 48-ter del DLgs. 546/92.

Tale conciliazione è riservata ai processi pendenti in primo e secondo grado al 1° gennaio 2023 (data di entrata in vigore della legge di bilancio).
L’accordo va sottoscritto entro il 30 giugno 2023 e le sanzioni sono ridotte a 1/18 del minimo a prescindere dal fatto che la conciliazione venga stipulata nel primo o nel secondo grado (in base alle regole ordinarie, invece, le sanzioni sono ridotte al 40% del minimo se in primo grado o al 50% del minimo se in secondo grado).

I pagamenti possono essere dilazionati in venti rate trimestrali; non è ammessa la compensazione nel modello F24.
Si deve trattare di controversie su atti sostanzialmente impositivi, a differenza di quanto prevede il precedente art. 42 sulla definizione delle liti.

Dunque, possono non essere suscettibili di conciliazione le controversie sulle cartelle di pagamento e sugli avvisi di liquidazione che hanno una funzione solo liquidatoria (si pensi alle imposte regolarmente dichiarate ma poi non versate).
Sembra potersi sostenere che se il ricorso è stato notificato ad esempio a dicembre 2022, la conciliazione agevolata possa essere una sorta di surrogato della mediazione. Vedremo se la prassi confermerà o meno questa interpretazione.

Per il resto, valgono le comuni regole in tema di conciliazione giudiziale: in primo luogo il funzionario non ha nessun obbligo di stipulare la conciliazione.
La conciliazione giudiziale è alternativa rispetto alla definizione delle liti pendenti, circoscritta ai processi pendenti al 1° gennaio 2023.

Il difensore del contribuente deve comparare i benefici dei due istituti onde scegliere quale consigliare al proprio cliente.
In base ad un primo esame, occorre considerare che nella peggiore delle ipotesi, la definizione delle liti causa lo stralcio di tutte le sanzioni e di tutti gli interessi. Per converso, la conciliazione agevolata presuppone un accordo con l’Agenzia delle Entrate che non ha nessun obbligo in questo senso.

Allora, se il processo a gennaio 2023 pende in secondo grado a seguito di sentenza di primo grado che ha per intero rigettato il ricorso, conviene la conciliazione solo se ci sono spunti per una riduzione della pretesa, considerato che comunque gli interessi vanno pagati così come le sanzioni, sia pure ridotte a 1/18 del minimo.

Se si definisce la lite, sanzioni e interessi sono, invece, automaticamente stralciati dovendosi pagare, nel caso di sentenza sfavorevole depositata al 1° gennaio 2023, tutte le imposte.
Inoltre, unicamente la conciliazione giudiziale è circoscritta agli atti impositivi in senso sostanziale, con esclusione di quelli meramente liquidatori.

Nessuna esclusione figura per la definizione delle liti, sebbene la Relazione illustrativa, sulla base dell’improprio paragone con l’art. 6 del DL 119/2018, si sia espressa in senso diverso.

La conciliazione rafforzata, così come quella “ordinaria”, si perfeziona sempre con la sottoscrizione dell’accordo, accordo che permane anche in caso di omesso, insufficiente, tardivo versamento delle somme.

In questo caso, però, oltre alle pesanti conseguenze dell’art. 15-ter del DPR 602/73 (disconoscimento della dilazione e sanzione del 45% sui residui importi dovuti a titolo di imposta) viene meno il beneficio della riduzione a 1/18 del minimo delle sanzioni.