Attenzione particolare per le riserve in sospensione create a seguito delle rivalutazioni immobiliari

Di GIANLUCA ODETTO

Il Ddl. di bilancio 2023 attualmente all’esame della Camera ha confermato quanto a suo tempo emerso dalle prime bozze per quanto riguarda l’assegnazione e la cessione agevolata dei beni ai soci e la trasformazione, altrettanto agevolata, in società semplice.

Emerge una sola novità, pur se di rilievo, che riguarda le scadenze per il versamento delle imposte sostitutive. In occasione delle precedenti edizioni, infatti, era stato concesso un margine relativamente ampio rispetto agli atti di assegnazione, cessione o trasformazione. Prendendo ad esempio l’ultimo provvedimento agevolativo, contenuto nella L. 232/2016:
– gli atti in questione dovevano essere perfezionati entro il 30 settembre 2017;
– le imposte sostitutive dovevano essere versate per il 60% entro il 30 novembre 2017 e per il rimanente 40% entro il 16 giugno 2018.

Nell’attuale contesto, invece:
– gli atti devono essere perfezionati entro il 30 settembre 2023;
– le imposte sostitutive devono essere versate per il 60% entro lo stesso 30 settembre 2023 e per il rimanente 40% entro il 30 novembre 2023.

Fatta questa distinzione, rispetto alle prime bozze del Ddl. di bilancio 2023 il termine per il versamento della prima rata è stato fatto coincidere con quello previsto per gli atti di assegnazione, cessione o trasformazione. Si è trattato di un intervento opportuno, in quanto tali bozze fissavano la scadenza al 31 luglio 2023, cosa che poteva creare problemi per le operazioni pianificate per l’autunno, per le quali l’imposta avrebbe dovuto essere pagata in anticipo.

Rispetto alle precedenti edizioni della norma, le prime valutazioni che si possono fare sono influenzate dal ricorso alle agevolazioni che si sono susseguite nel biennio 2021-2022 e, in caso affermativo, delle modalità con cui ciò è avvenuto.
In molti casi, infatti, oggetto delle valutazioni delle singole società potrebbero essere gli immobili rivalutati ai sensi dell’art. 110 del DL 104/2020, vista la favorevole aliquota del 3%.

In termini generali, per i beni oggetto di rivalutazione è realistico che i valori di assegnazione siano quelli rivalutati, con conseguente assenza di ogni imposizione sostitutiva sulle plusvalenze. In linea di massima, l’assegnazione avrebbe quale contropartita la riduzione della stessa riserva di rivalutazione, la quale a questo punto dovrebbe essere affrancata con l’imposta sostitutiva del 13%.

Il socio assegnatario può scomputare dall’utile in natura che egli riceve (l’immobile) le somme assoggettate all’imposta sostitutiva sulle riserve in sospensione (circ. Agenzia delle Entrate n. 37/2016, § 3.1), per cui l’onere del 13%, pur se relativamente elevato, “chiuderebbe la partita” sia per quanto riguarda la società, sia per quanto riguarda il socio. L’operazione non sarebbe, però, sempre lineare: la stessa circ. n. 37/2016 aveva, infatti, evidenziato che l’utilizzo delle riserve in sospensione d’imposta risulterebbe possibile solo dopo avere esaurito le altre riserve (di utili o di capitale).

Fatta questa breve ricostruzione, va però ricordato che, agli effetti della determinazione delle plusvalenze, la rivalutazione ex DL 104/2020 acquisisce efficacia solo dal 2024, per cui l’eventuale assegnazione porterebbe a determinare la plusvalenza, se calcolata nei modi ordinari, dai valori storici. Un passo della medesima circolare n. 37/2016 (§ 7) autorizza però una lettura per cui, per ragioni essenzialmente dovute alla necessità di non “disperdere” i benefici dell’assegnazione agevolata, questa è trattata, anche se effettuata nel periodo di sospensione degli effetti fiscali, come se la rivalutazione avesse già avuto effetto (nei fatti, senza imposta sulle plusvalenze, ma con imposta del 13%, fatta salva la cautela derivante dalle presunzioni di utilizzo delle riserve nella lettura datane dall’Agenzia delle Entrate).

Un’altra questione abbastanza delicata riguarda le imprese che hanno beneficiato della “super ACE”. L’art. 19 commi 4 e 5 del DL 73/2021 prevede, infatti, il recupero dell’agevolazione nel momento in cui vi siano riduzioni del patrimonio netto nei due periodi successivi al 2021 (anno agevolato) e, quindi, nel 2022 e/o nel 2023 per i soggetti “solari”.

La norma opera solo a seguito della riduzione del patrimonio netto per cause diverse dalle perdite di bilancio (di fatto, a seguito di distribuzioni di riserve ai soci), ma tra tali distribuzioni, in assenza di una norma specifica di salvaguardia, rientrano anche quelle di utili in natura che derivano dall’assegnazione di beni.

Posto che, realisticamente, l’importo agevolato è di una certa entità, il rischio è quello di perdere ex post il beneficio “super ACE” e va, quindi, valutato con attenzione. Resta in ogni caso inteso che, se il livello del patrimonio netto rimane quanto meno inalterato per effetto di nuovi conferimenti dei soci e/o dell’accantonamento di utili (tipicamente, si guarda all’accantonamento degli utili del 2021 e del 2022), questo effetto negativo non viene ad esistenza.