La Cassazione torna ancora sul sequestro dei crediti derivanti dai bonus edilizi

Di MARIA FRANCESCA ARTUSI

Sul tema del sequestro dei crediti di imposta ceduti in forza della disciplina sul superbonus, la Cassazione continua a confermare il proprio rigoroso orientamento.

Come già commentato su Eutekne.info le sentenze nn. 4086540866408674086840869 hanno affermato che il sequestro penale dei crediti di imposta inesistenti può operare sia nei confronti del cessionario di tali crediti di secondo grado o sia nei confronti dell’acquirente diretto del primo cessionario (si veda “Crediti di imposta acquistati da soggetti poi indagati sequestrabili ai cessionari” del 29 ottobre 2022).

La sentenza n. 45558 depositata ieri dalla Terza sezione penale della Cassazione si è allineata pienamente a quanto espresso da tali pronunce, sebbene con alcune precisazioni importanti.
Non essendo il credito d’imposta – conseguente all’esercizio del diritto dell’opzione – “recuperabile” ma unicamente “compensabile” da parte del cessionario nei confronti dell’Erario, si pongono tre opzioni.

Una prima ipotesi è che l’Erario riesca a recuperare l’importo “corrispondente alla detrazione non spettante” dal soggetto beneficiario, ed allora nessuna conseguenza negativa vi è nei confronti del cessionario.

Altra ipotesi è che l’Erario non riesca a recuperare l’importo “corrispondente alla detrazione non spettante” dal soggetto beneficiario, ed il cessionario non è concorrente nella violazione, ed allora nessuna conseguenza ne deriverebbe per quest’ultimo, che ben potrebbe opporre in compensazione all’Erario il credito oggetto di cessione quando cessino gli effetti del sequestro penale (art. 28-ter del DL 4/2022).

Infine si pone il caso in cui l’Erario non riesca a recuperare l’importo “corrispondente alla detrazione non spettante” dal soggetto beneficiario, ed il cessionario è concorrente nella violazione, ed allora subirebbe il “recupero”, attesa la sua responsabilità solidale, per espressa previsione di legge (art. 121 comma 6 del DL 34/2020 che parla di concorso con dolo o colpa grave).

Interessante è anche la precisazione che viene effettuata riguardo al delitto di indebita compensazione (art. 10-quater del DLgs. 74/2000). Per la Cassazione, essendo il credito d’imposta previsto in tema di bonus edilizi una agevolazione, è senz’altro da ritenere applicabile il reato tributario in questione (oltre all’eventuale contestazione della truffa ex art. 640 c.p.). In particolare, nel caso in cui il credito è ottenuto fraudolentemente è applicabile il comma 2 del citato art. 10-quater (compensazione di crediti inesistenti); pertanto, il cessionario che provveda a compensarlo, nonostante la consapevolezza dell’inesistenza del credito medesimo, si espone alla conseguente responsabilità penale.

Un’ulteriore annotazione viene effettuata con riguardo alla buona fede. Si noti che la rilevanza della buona fede del cessionario era stata esclusa espressamente dalla pronuncia della Cassazione n. 44647/2022, in cui è stato specificato che il sequestro penale di tipo impeditivo implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di terzo estraneo, se la loro libera disponibilità può favorire la prosecuzione del reato stesso.

Nel caso della sentenza oggi in commento il cessionario è qualificato come persona offesa in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni di ente pubblico ed il sequestro preventivo è stato disposto non già a scopo impeditivo ex art. 321 comma 1 c.p.p., quanto, piuttosto, finalizzato alla confisca ex art. 321 comma 2 c.p.p. Rileva dunque qui lo stato soggettivo della buona fede da parte della cessionaria del credito di imposta.

In proposito, viene infatti ricordato che rientra nella nozione di “persona estranea al reato” il soggetto che non ha concorso alla commissione del reato, né ha tratto vantaggio dall’altrui attività criminosa, serbando una condotta in buona fede. Nei confronti di costui non possono essere confiscate cose o beni ad essa appartenenti ai sensi dell’art. 240 comma 3 c.p. (Cass. n. 42778/2017).
Tanto premesso, però, è indubbio che il professato stato di buona fede del cessionario del credito debba comunque essere valutato alla luce della situazione di fatto oggetto di accertamento. Nella disciplina del decreto “Rilancio” (DL 34/2020), infatti, il cessionario dei crediti di imposta che provveda alla monetizzazione del credito al cedente consegue indubbiamente un vantaggio economico dalla cessione del credito di imposta.

La Cassazione evidenzia anche come l’UIF della Banca d’Italia avesse messo in guardia gli operatori del settore finanziario e creditizio verso possibili fenomeni fraudolenti collegati alla cessione dei crediti di imposta, fornendo puntuali istruzioni operative in materia (Comunicazione dell’11 febbraio 2021). Elementi questi che possono inficiare la “estraneità” così come definita dal citato art. 240 c.p.

In definitiva, viene rinviato il giudizio per una nuova valutazione volta a verificare la qualificazione del cessionario in termini di “persona estranea” al reato, ossia una condizione di effettiva “distanza” dalla condotta illecita.