Se però le condizioni di squilibrio cessano, gli importi sono da restituire

Di MAURIZIO MEOLI

La natura postergata del credito da finanziamento del socio alla srl, ex art. 2467 c.c., permane anche in caso di fuoriuscita del socio dalla compagine sociale. Ove, però, sia stata superata la situazione di rischio per i creditori sociali che si pone a fondamento della postergazione, il credito dell’ex socio ritorna ordinariamente esigibile, sebbene non risultino adempiuti, in quel momento, tutti gli altri debiti sociali. Ad affermarlo è l’ordinanza n. 21422/2022 della Cassazione.

Nel caso di specie, i giudici di appello rigettavano la richiesta di restituzione del finanziamento che il socio di una srl le aveva concesso in un momento in cui la società si trovava in presenza di un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto.
Contro tale decisione il socio evidenziava come i giudici d’appello non avessero esaminato la circostanza della sua uscita dalla società, quale conseguenza del mancato esercizio del diritto di opzione in occasione di una delibera di abbattimento e ricostituzione del capitale sociale intervenuta in corso di causa (ricostituzione che aveva comportato l’eliminazione totale delle perdite). I giudici di merito, quindi, avevano omesso di accertare l’esistenza dei presupposti per l’applicazione della postergazione, di cui all’art. 2467 c.c., non solo al momento dell’erogazione del prestito, ma anche in quello della domanda di restituzione.

Si tratta di motivi ritenuti fondati dalla Cassazione, essendo stato omesso l’esame di un fatto decisivo e controverso, dal cui esame avrebbe potuto scaturire una decisione differente.
Se, infatti, è vero che lo scioglimento del rapporto sociale relativamente al socio finanziatore, per non avere egli esercitato il diritto di opzione, non comporta l’inapplicabilità dell’istituto della postergazione, è altrettanto vero che l’esito del giudizio d’appello avrebbe potuto essere diverso se si fosse esaminata la situazione societaria all’esito della operazione di ricapitalizzazione (operazione solo menzionata, ma non concretamente valutata).

In particolare, quanto al primo profilo, la Suprema Corte sottolinea come un finanziamento erogato da un socio e connotato dalla postergazione – perché erogato in una situazione di difficoltà della società – conservi tale caratteristica anche in caso di perdita della qualità di socio prima del rimborso del finanziamento. Ciò sia nel caso in cui il socio esca dalla società a causa del mancato esercizio del diritto di opzione – con il credito che resta in capo se stesso – sia allorché egli ceda la partecipazione sociale comprensiva del diritto alla restituzione della somma mutuata, trasferendo anche il credito all’acquirente. Si tratta, infatti, di un assunto coerente con la ratio dell’art. 2467 c.c., non venendo meno in tal caso l’esigenza di tutela dei creditori sociali; ragion per cui resta rilevante, ai fini dell’applicazione della disciplina, unicamente l’esistenza dei relativi presupposti.

Con riguardo all’operazione di ricapitalizzazione, poi, la Cassazione osserva come essa non fosse stata esaminata dalla Corte d’Appello nei suoi contenuti, compreso il bilancio aggiornato in essa presentato, al fine di verificare se la temporanea inesigibilità del credito da finanziamento, sicuramente concesso in presenza delle condizioni di cui all’art. 2467 c.c., fosse ancora esistente al momento della richiesta di rimborso o se, invece, fossero venute meno le condizioni della postergazione. Occorre, infatti, considerare che il credito del socio per un finanziamento concesso ad una società in condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, o laddove sarebbe stato ragionevole un conferimento, subisce una postergazione legale, con incidenza sull’ordine di soddisfazione dei crediti, ma non una riqualificazione del versamento da finanziamento a conferimento, con esclusione del diritto al rimborso.

Ci si trova comunque in presenza di un finanziamento, e non di un apporto di capitale, seppure non assoggettato alla relativa disciplina (cfr. Cass. n. 12994/2019).
Il venir meno delle condizioni di cui all’art. 2467 c.c., quindi, rende nuovamente la società tenuta alla restituzione. Quando sia stato superato lo squilibrio patrimoniale – ossia la situazione di rischio per i creditori sociali che ne discende e che la norma pone a fondamento della postergazione – il credito del socio ritorna ordinariamente esigibile, sebbene, in quel momento, non risultino adempiuti tutti gli altri debiti sociali, potendosi ritenere realizzata una situazione di “astratta” possibilità di soddisfazione dei creditori esterni ovvero uno status di regolare esigibilità.

Ne consegue la cassazione della sentenza di secondo grado, con rinvio alla medesima Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché riesamini il materiale probatorio provvedendo all’accertamento delle condizioni societarie, al fine di valutare se, in punto di fatto, sussista o no, tuttora, la situazione di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, o una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento, di cui all’art. 2467 comma 2 c.c.; circostanze che renderebbero ancora inesigibile il credito restitutorio.