Il MEF ha diffuso una nuova circolare che individua i «sub-intervalli» corrispondenti a «gradi» crescenti della violazione

Di MARIA FRANCESCA ARTUSI

Il Ministero per l’Economia e le finanze ha reso pubblica una circolare contenente istruzioni operative relative al procedimento sanzionatorio per le violazioni della normativa antiriciclaggio, previsto dall’art. 65 del DLgs. 231/2007, così come modificato dall’art. 5 del DLgs. 90/2017.
Si tratta del documento DT 56499 del 17 giugno 2022, che sostituisce altra precedente circolare sul medesimo tema (circolare DT 54071 del 6 luglio 2017).

L’ambito di applicazione del citato art. 65 riguarda i procedimenti per l’irrogazione delle sanzioni per:
– violazione degli obblighi nei confronti dei soggetti non sottoposti alla vigilanza delle autorità di settore;
– inosservanza dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta, imputabile al personale e ai titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo di intermediari bancari e finanziari (salva la competenza della Banca d’Italia e dell’IVASS all’irrogazione delle sanzioni per violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime imputabili all’ente);
– inosservanza dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta, imputabile ai revisori legali e al personale delle società di revisione legale con incarichi di revisione su enti di interesse pubblico o su enti sottoposti a regime intermedio, ai titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo dell’ente (salva la competenza della CONSOB all’irrogazione delle sanzioni per violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime imputabili all’ente);
– inosservanza delle disposizioni di cui al Titolo III (Misure ulteriori) del DLgs. 231/2007 in ordine alla circolazione del contante e dei titoli al portatore, al divieto di apertura e utilizzo di libretti anonimi e all’obbligo di comunicazione al MEF delle suddette violazioni.

Le sanzioni amministrative applicabili riguardano le condotte di omessa segnalazione di operazioni sospette (artt. 35 e 58 del DLgs. 231/2007); di inosservanza degli obblighi di adeguata verifica (artt. 17-29 e 56 del DLgs. 231/2007); di inosservanza degli obblighi di conservazione (artt. 31-32 e 57 del DLgs. 231/2007).

Per ciascuna violazione vengono individuati i tratti tipici della fattispecie e vengono indicati i criteri di determinazione della sanzione: in particolare, vengono individuati dei “sub-intervalli”, corrispondenti a “gradi” crescenti di intensità della violazione, che consentano di quantificare la sanzione tra il minimo e il massimo previsti dalla norma specifica.

Il documento dedica peculiare attenzione alla nozione di “violazione grave”, riprendendo quei criteri che il legislatore indica per la valutazione: intensità e grado dell’elemento soggettivo, anche avuto riguardo all’ascrivibilità, in tutto o in parte, della violazione alla carenza, all’incompletezza o alla non adeguata diffusione di prassi operative e procedure di controllo interno; grado di collaborazione con le autorità di cui all’art. 21 comma 2 lett. a) del DLgs. 231/2007; rilevanza ed evidenza dei motivi del sospetto, anche avuto riguardo al valore dell’operazione e al grado della sua incoerenza rispetto alle caratteristiche del cliente e del relativo rapporto; reiterazione e diffusione dei comportamenti, anche in relazione alle dimensioni, alla complessità organizzativa e all’operatività del soggetto obbligato.

La circolare si sofferma anche sul tema del c.d. favor rei. In materia di sanzioni amministrative, vige il principio di legalità, previsto dall’art. 1 della L. 689/1981, per cui “nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione”.

Secondo la costante giurisprudenza, il principio di legalità per le sanzioni amministrative previsto dall’art. 1 della L. 689/1981 comporta che, per tali illeciti, si applichino generalmente le disposizioni sanzionatorie in vigore al momento del fatto, nonostante la disciplina successiva preveda disposizioni più favorevoli, ovvero determini l’abrogazione della disposizione sanzionatoria. Salvo che disposizioni speciali prevedano l’applicabilità del favor rei. Ed è proprio questo il caso dell’art. 69 comma 1 del DLgs. 231/2007, con cui il legislatore ha inteso estendere il principio del favor rei anche alla materia antiriciclaggio, optando per la non sanzionabilità di comportamenti o atti che, per effetto di norme sopravvenute, non siano più ritenute meritevoli di sanzione amministrativa ovvero siano sanzionate con minor rigore.

Si determina, dunque, l’effetto abolitivo di una serie di illeciti amministrativi non più previsti come tali dalla nuova normativa e la conseguente archiviazione dei procedimenti pendenti. Si tratta degli illeciti per omessa/irregolare istituzione/tenuta dell’Archivio Unico Informatico e del Registro della clientela e degli illeciti per violazione degli obblighi di registrazione, non essendo più previsto l’obbligo di istituzione dei suddetti registri; nonché degli illeciti per violazione dell’obbligo di comunicazione di cui al previgente art. 36 comma 4 del DLgs. 231/2007 (in precedenza depenalizzati dal DLgs. 8/2016).