La Cassazione ha confermato un maxi sequestro per evasione fiscale e autoriciclaggio

Di MARIA FRANCESCA ARTUSI

Una vicenda giudiziaria che ha coinvolto una nota giornalista italiana ha offerto l’occasione alla Corte di Cassazione per ribadire alcuni principi in materia di riciclaggio e di frode fiscale.
La sentenza n. 40861, depositata ieri, ha infatti confermato il sequestro di circa 3 milioni e mezzo di euro quale profitto dei reati di dichiarazione fraudolenta (art. 3 del DLgs. 74/2000) e autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.). Oggetto della contestazione sono una serie di operazioni commerciali (in particolare la compravendita di tre Ferrari Gran Turismo), attuate attraverso una serie di società fittizie che sarebbero servite per riciclare proventi frutto di evasione.

Una parte delle motivazioni è dedicata all’identificazione del luogo in cui il delitto di riciclaggio viene commesso.
I giudici di legittimità ricordano che integra il delitto di riciclaggio, ai sensi dell’art. 648-bis c.p., colui che accetta di essere indicato come intestatario di beni che, nella realtà, appartengono a terzi e sono frutto di attività delittuosa, in quanto detta condotta, pur non concretizzandosi nel compimento di atti dispositivi, è comunque idonea a ostacolare l’identificazione della provenienza del denaro (Cass. n. 21687/2019). Il compimento in Italia non solo dell’ideazione e programmazione dell’attività di riciclaggio e, quindi, di una parte essenziale della condotta vale non solo a radicare la giurisdizione nazionale (in tal senso la costante giurisprudenza, da ultimo Cass. n. 4583/2022), ma fornisce dati dirimenti al fine dell’individuazione del giudice territorialmente competente.

Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio, che la sentenza in commento fa proprio, secondo cui in tema di riciclaggio, ai fini della determinazione della competenza territoriale, il reato realizzato con condotte frammentarie e progressive, affidate a plurimi soggetti che apportino il loro contributo in tempi e luoghi diversi, deve considerarsi consumato ove si realizza il primo atto, ancorché costituente un segmento della condotta tipica (Cass. n. 38105/2021). Nella specie, si erano realizzate in Italia non solo le condotte illecite generatrici della provvista riciclata, ma anche tutte le attività di pianificazione dei canali di accreditamento del prezzo, di gestione del conto strumentalmente attivato nonché quelle successive, relative alla costituzione di altra società presso la quale i fondi furono successivamente dirottati per poi essere retrocessi su conti riferibili all’indagata.

Per quanto riguarda, invece, il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, la difesa aveva sostenuto che tale fattispecie comporterebbe ancora “l’incorporazione dell’elemento mendace nelle… scritture contabili atte a proiettare una falsa rappresentazione di tipo decettivo quanto all’identificazione della base imponibile”. La tesi difensiva non trova, però, accoglimento. Per la Cassazione, rispetto alla precedente formulazione, l’intervento di modifica del DLgs. 158/2015 ha eliminato dalla norma incriminatrice dell’art. 3 il riferimento alla “falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie” e ha individuato le condotte penalmente rilevanti nell’effettuazione di “operazioni simulate oggettivamente e soggettivamente” ovvero nell’utilizzo di “documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento o ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria”.

Come evidenziato nella relazione illustrativa al decreto, all’eliminazione del riferimento alla “falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie” consegue la possibilità di ravvisare il reato in capo a qualunque soggetto tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi o della dichiarazione IVA, mentre in precedenza la fattispecie integrava un reato proprio in quanto addebitabile esclusivamente al contribuente obbligato alla tenuta delle scritture contabili. A seguito dell’intervento di modifica il reato presenta struttura non più trifasica ma bifasica ed è sostanziato dall’effettuazione di operazioni simulate soggettivamente o oggettivamente e, alternativamente, dall’avvalersi di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’Amministrazione finanziaria.

Viene, poi, aggiunto quanto evidenziato dalla relazione del Massimario della Corte e dalla dottrina: la soppressione del riferimento alle scritture contabili obbligatorie non esclude che lo stesso mantenga rilievo ai sensi del secondo comma dell’art. 3 in relazione all’utilizzo di documenti falsi, condotta che normativamente postula che gli stessi siano registrati nelle scritture contabili obbligatorie o, comunque, detenuti a fini di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

Nel caso di specie, vengono evidenziati i seguenti elementi che attestano l’inesistenza giuridica ed economica delle società del network, sottolineando l’assoluta inconsistenza del capitale sociale, l’assenza di un’autonoma sede sociale e di personale dipendente, il mancato rinvenimento di documentazione attestante l’operatività della capofila sita a Hong Kong e, infine, la mancata emissione di fattura in relazione alla compravendita della scuderia di automobile e la mancanza di un conto corrente attivo.