Trova applicazione il principio stabilito dalle Sezioni Unite per la liquidazione coatta

Di ANTONIO NICOTRA e MARCO PEZZETTA

La Corte di Cassazione 26 settembre 2022 n. 28047 è ritornata sul tema della circolazione dei crediti nelle procedure concorsuali, confermando l’orientamento che legittima, al ricorrere di alcune condizioni, la cessione del credito IRES operata prima della cessazione della procedura.

Nel caso di specie, un intermediario finanziario vigilato aveva acquistato dalla debitrice fallita il credito IRES generato dalle ritenute fiscali da interessi attivi bancari. Solo una volta conclusa la procedura fallimentare, nel modello UNICO “riepilogativo” dell’intero periodo fallimentare aveva potuto trovare rappresentazione il credito IRES già oggetto di cessione. La cessionaria, quindi, a seguito della presentazione della dichiarazione fiscale, aveva notificato la cessione del credito all’Amministrazione finanziaria, come previsto dal regolamento sulla contabilità generale dello Stato (artt. 60 e 70 RD 2440/23).
L’Ufficio, tuttavia, non aveva provveduto al rimborso, nemmeno a seguito di sollecito.

Il ricorso tributario presentato dalla cessionaria era stato accolto sia in primo che in secondo grado. Le Commissioni tributarie, infatti, avevano riconosciuto il diritto al rimborso, disattendendo l’assunto dell’Ufficio che contestava la legittimità della cessione del credito, sul presupposto che dal contesto normativo (art. 43-bis del DPR 602/73, DM 384/97 e artt. 1260 e 1321 c.c.) si evincerebbe la necessaria preventiva presentazione della dichiarazione dei redditi in seno alla quale il credito (già ceduto) viene iscritto e ne viene richiesto il rimborso. Essendo tale dichiarazione elemento costitutivo della sussistenza del credito per imposte dirette, la sua preventiva cessione non poteva essere opposta all’Erario, giacché inerente un credito futuro.

Sul tema, le Sezioni Unite della Cassazione n. 2608/2021, componendo il contrasto concernente la valutazione del rapporto tra il sistema della tassazione in acconto fissato dall’art. 26 comma 2 del DPR 600/73 e la tassazione del reddito delle procedure concorsuali liquidatorie, hanno già sciolto i nodi interpretativi in ordine alla circolazione dei crediti delle procedure concorsuali, ancorché trattando una vicenda inerente la cessione di crediti erariali detenuti da una società in liquidazione coatta amministrativa (e non in fallimento).

È stato chiarito, in particolare, che, ai fini della cessione, non rileva che il credito sia esposto nella dichiarazione, che non ha natura negoziale o comunque dispositiva, ma è esternazione di scienza o di giudizio (in tal senso di pone la nota Cass. SS.UU. n. 13378/2016).
Ciò che assume rilievo, invece, è la circostanza che esso scaturisca da uno specifico rapporto tributario e che, in quanto tale, sia qualificabile come credito futuro o che derivi da rapporti tra cedente e ceduto, anche soltanto eventuali al momento della cessione (Cass. SS.UU. n. 2608/2021).

Le Sezioni Unite sono quindi giunte alla formulazione del principio di diritto secondo cui, in tema di circolazione dei crediti delle procedure concorsuali, posto che essi nascono in esito e per l’effetto del compimento delle attività di liquidazione e che la dichiarazione concernente il maxi-periodo concorsuale comporta soltanto la rilevazione di un credito già sorto, la cessione di quel credito operata dagli organi della procedura concorsuale nel corso della stessa è valida ed efficace tra cedente e cessionario, anche se priva dei requisiti formali stabiliti ex lege.

La successiva ripetizione dell’atto, eseguita dopo la presentazione della dichiarazione redditi e (quindi) dopo la cessazione della procedura, ha lo scopo di soddisfare i suddetti requisiti formali e si traduce in una mera riproduzione contrattuale, pur se dovuta in quanto funzionale a consentire al cessionario di far valere nei confronti del Fisco il credito che gli è stato ceduto. Ne deriva che la cessione di credito futuro, posta in essere fra creditore e cessionario in corso di procedura mediante scrittura privata è perfetta fra le parti, anche se il credito non è ancora sorto. Una volta che questo sia stato indicato nella dichiarazione dei redditi del cedente, il credito stesso (in quanto esistente e non più futuro) diviene opponibile all’Amministrazione finanziaria purché l’atto di cessione venga riprodotto con i requisiti di forma necessari per poter procedere alla sua valida notifica al debitore ceduto.

Il principio, sia pure riferito a un’ipotesi in cui la cedente era in liquidazione coatta amministrativa, trova applicazione, secondo la Cassazione n. 28047/2022, anche al fallimento. Non paiono sussistere evidenti ragioni per le quali il principio di diritto sopra sintetizzato non possa, inoltre, trovare applicazione nelle altre procedure concorsuali, disciplinate tanto dal RD 267/1942 quanto dal DLgs. 14/2019 (ivi comprese quelle afferenti soggetti “non fallibili”) e/o da altre disposizioni di legge.