La Cassazione delinea la nozione di soggetto apicale nel sistema 231
Il cumulo dei ruoli tra responsabile del servizio di prevenzione e protezione – RSPP – e di delegato della sicurezza non fa assumere a tale soggetto un ruolo definibile “apicale” ai fini della responsabilità parapenale delle persone giuridiche.
L’art. 5 del DLgs. 231/2001 stabilisce, infatti, che una società possa essere responsabile per i reati commessi “da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano anche di fatto, la gestione o il controllo dello stesso”.
In un caso di infortunio sul lavoro, la Corte d’appello aveva ritenuto che il conferimento di una ampia delega in via esclusiva nel settore della sicurezza sul lavoro, con autonomia gestionale in materia di sicurezza sul luogo di lavoro e potere di spesa circoscritto all’importo di 25.000 euro fosse sufficiente a comprendere il delegato nel novero delle figure apicali indicate dalla norma, in quanto aveva posto il delegato in una posizione di sovraordinazione assimilabile a quelle ivi specificamente contemplate (amministrazione, rappresentanza e direzione dell’ente ovvero di una unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale).
La sentenza n. 34943 depositata ieri, dalla Corte di Cassazione non ritiene condivisibile tale lettura interpretativa, accogliendo così il ricorso della società condannata ai sensi dell’art. 25-septies del DLgs. 231/2001.
Nelle motivazioni si argomenta che la responsabilità dell’ente trova giustificazione in una “colpa di organizzazione”, ovvero in un deficit dell’organizzazione che si ricollega primariamente all’operato degli apicali (come sopra definiti). Vi è quindi una importante implicazione nella qualità della persona fisica autrice del reato: ove si tratti di uno dei soggetti indicati dalla lettera a) dell’art. 5 del decreto 231, l’adozione e l’efficace attuazione di idoneo modello non è sufficiente a escludere la responsabilità dell’ente, ancora occorrendo che esso sia stato fraudolentemente eluso. Nel caso di soggetto sottoposto, secondo la nozione ricavabile dall’art. 5 lett. b), l’adozione e l’efficace attuazione di idoneo MOG è di per sé sufficiente a escludere la responsabilità dell’ente, anche quando il reato sia stato reso possibile dalla violazione degli obblighi di direzione e controllo gravanti sui soggetti apicali.
In altre parole, il dato letterale della disposizione non è rivolta a individuare le posizioni apicali del settore lavoristico (datore di lavoro, dirigente, preposto), bensì a indicare in termini generali e omnicomprensivi la massima espressione di rappresentanza e di gestione dell’ente-persona giuridica la cui responsabilità è determinata dalla commissione dei reati presupposto.
Le stesse decisioni di merito escludono che una delle funzioni apicali sopra indicate possa essere riconosciuta in ragione dalle mansioni di responsabile del servizio di prevenzione e protezione espressamente attribuite nell’organigramma aziendale. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione assume una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione di formazione dei dipendenti. In verità l’attenzione dei giudici di merito si è appuntata principalmente sui poteri attribuiti sulla base di una delega ex art. 16 del DLgs. 81/2008.
Per la Cassazione, tuttavia, non può riconoscersi rilievo decisivo al conferimento mediante atto di delega di specifiche attribuzioni per lo svolgimento di una funzione determinata, anche se nevralgica dell’azienda (come quella prevenzionistica, attinente alla prevenzione e protezione dei lavoratori dai rischi implicati dal processo produttivo e al rispetto delle misure di sicurezza adottate sul luogo di lavoro), per fare assurgere il delegato a soggetto in posizione di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità produttiva, secondo la previsione del citato art. 5.
Ciò in quanto il delegato rimane sottoposto al più ampio potere del delegante, che viene esercitato anche sotto forma di vigilanza; il delegato inoltre è tenuto a rapportarsi e a riferire al delegante (nella specie il datore di lavoro amministratore della società) ai fini dell’adozione di quelle misure di prevenzione o di protezione che sfuggano al suo potere di gestione o di spesa.
Non è, cioè, ammissibile alcuna equiparazione tra “il potere di compiere scelte decisionali in piena autonomia in materia di sicurezza” e il riconoscimento di una veste apicale. La piena autonomia di decisione costituisce il presupposto di operatività della delega di funzioni in materia di prevenzione sul lavoro, ma non implica il riconoscimento di poteri di amministrazione, di gestione e di rappresentanza che coinvolgono l’ente nel suo complesso ovvero una articolazione organizzativa dello stesso.
Né può affermarsi fondatamente che tale delega determini nel delegato una relazione di immedesimazione organica.