La comunicazione è dovuta per le sole operazioni con controparti non stabilite in Italia

Di Emanuele GRECO e Simonetta LA GRUTTA

La comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”) intercetta tutte le cessioni e prestazioni la cui controparte non è stabilita ai fini IVA in Italia.
Sul piano soggettivo, sono tenuti a trasmettere i dati tutti coloro che sono stabiliti in Italia, mentre ne sono esclusi i non residenti che abbiano nominato nel territorio dello Stato un rappresentante fiscale (art. 17 comma 3 del DPR 633/72) o che si siano identificati direttamente ai fini IVA (art. 35-ter del DPR 633/72).

Fatte queste premesse, l’obbligo comunicativo riguarda, con tutta evidenza, anche le cessioni intracomunitarie, ai sensi dell’art. 41 comma 1 lett. a) del DPR 633/72, per le quali, oltre agli altri requisiti, il cessionario è un soggetto passivo in un altro Stato membro della Ue.

Qualche incertezza potrebbe sorgere in merito al trasferimento di beni da parte di un operatore nazionale, per esigenze dell’impresa (ad es. costituire uno stock), alla propria posizione IVA aperta in un altro Stato membro della Ue. Agli effetti dell’imposta, si tratta di un’operazione assimilata alle cessioni intracomunitarie ai sensi dell’art. 41 comma 3 lett. c) del DL 331/93.
Si deve osservare, tuttavia, che, a differenza delle cessioni intracomunitarie propriamente dette, la movimentazione di beni a una posizione IVA accesa in un altro Stato membro è un’operazione che ha quale “controparte” un soggetto residente in Italia. Dunque, in termini sistematici, l’inclusione nel c.d. “esterometro” non risulta dovuta, in carenza del requisito “soggettivo” del cedente/cessionario.

Per le suddette motivazioni, è ragionevole ritenere che le cessioni INTRA assimilate siano da documentare mediante l’emissione di fattura elettronica via Sistema di Interscambio, a norma dell’art. 1 comma 3 del DLgs. 127/2015.
Infatti, l’obbligo di fatturazione elettronica comprende tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti in Italia e, nella fattispecie, il cedente/cessionario (ossia il medesimo soggetto) è da qualificare come un soggetto residente nel territorio nazionale.

Un’ulteriore ipotesi, nell’ambito delle cessioni INTRA assimilate, potrebbe riguardare un soggetto passivo stabilito in un altro Stato Ue (es. Germania), munito di identificazione IVA in Italia, il quale decida di rimpatriare i beni nel Paese in cui tale soggetto è stabilito.
In quest’ultima circostanza, si configura comunque una cessione intracomunitaria assimilata ex art. 41 comma 3 lett. c) del DL 331/93 e non è dovuta la presentazione del c.d. “esterometro” poiché il cedente non è un soggetto stabilito nel territorio dello Stato ma esclusivamente in possesso di un numero di partita IVA italiano.

Nella maggior parte dei casi non sono, inoltre, da considerarsi soggetti all’obbligo in esame gli acquisti di beni assimilati agli acquisti intracomunitari ai sensi dell’art. 38 comma 3 lett. b) del DL 331/93.
La richiamata disposizione concerne l’introduzione nel territorio dello Stato, da parte o per conto di un soggetto passivo d’imposta, di beni provenienti da altro Stato membro, incluso il caso in cui l’introduzione avvenga per finalità rientranti nell’esercizio dell’impresa e i beni provengano da un’altra impresa esercitata dallo stesso soggetto in altro Stato membro dell’Ue.

L’ipotesi più ricorrente è data dal trasferimento da parte di un soggetto stabilito in un altro Paese comunitario (es. Germania) di beni in Italia per proprie esigenze (ad es. per la costituzione di uno stock), senza essere ivi in possesso di una stabile organizzazione.
In tale fattispecie, l’operazione non dovrebbe essere dichiarata ai fini del c.d. “esterometro”, a fronte di una “cessione” (fittizia) che coinvolge un soggetto (cedente/cessionario) non residente e non stabilito nel territorio dello Stato.

Diversamente, potrebbe verificarsi il caso in cui a effettuare l’acquisto INTRA assimilato sia un soggetto passivo residente in Italia, il quale trasferisce i beni da una propria posizione IVA in altro Stato membro dell’Ue.
Stando a una lettura rigida della norma, il cessionario nazionale sembrerebbe comunque tenuto a integrare in formato elettronico via SdI al fine di certificare l’acquisto da “sé stesso” (soggetto stabilito in Italia), nell’ambito delle esigenze dell’impresa.
Su questa e altre tematiche, si rinvia allo Speciale di Eutekne.info n. 42 “Fatturazione elettronica ed esterometro”.