Il reato può avere a oggetto tutte le somme dovute che possono essere inserite nell’apposito modello F24

Di Maria Francesca ARTUSI

La più recente giurisprudenza di legittimità ritiene che il reato di indebita compensazione possa configurarsi sia in caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto può avere a oggetto tutte le somme dovute che possono essere inserite nell’apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali (tra le tante, cfr. Cass. nn. 23083/2022 e 389/2021).

Tale ingiustificato risparmio non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell’IVA, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta.

Pertanto, l’omesso versamento può avere a oggetto somme di denaro attinenti a tutti i debiti, sia tributari, sia di altra natura, il cui pagamento sia effettuato attraverso il modello di versamento unitario; rileva quindi, tanto sul lato attivo quanto sul lato passivo del rapporto obbligatorio, qualunque tributo o contributo che possa essere opposto in compensazione secondo le norme generali.

Tale impostazione viene ripresa e confermata dalla sentenza n. 33893 depositata ieri dalla Corte di Cassazione.
L’amministratore di una società era stato condannato alla pena di due anni di reclusione, oltre pene accessorie, per il reato di cui all’art. 10-quater del DLgs. 74/2000 (in esso ritenuto assorbito il reato di truffa aggravata previsto cui dall’art. 640 comma 2 n. 1 c.p.), per avere omesso di versare ritenute fiscali, contributi previdenziali e assicurativi, utilizzando indebitamente in compensazione, a mezzo di modelli F24, somme derivanti da crediti tributari inesistenti (per complessivi 79.423,71 euro).

I giudici di legittimità ricordano nelle motivazioni che con l’ampliamento delle ipotesi di compensazione in ambito tributario previste dall’art. 17 del DLgs. 241/1997 – a norma del quale i contribuenti che devono eseguire versamenti unificati di imposte, di contributi previdenziali e assistenziali, di premi INAIL e di altre somme a favore dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri enti possono utilizzare in compensazione i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali o dalle denunce periodiche contributive – l’orientamento oggi consolidato, richiamato come tale anche nella sentenza n. 35/2018 della Corte costituzionale, ravvisa la ratio della disposizione in esame nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell’omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria, ossia attraverso la materiale redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione che non avrebbe potuto avere luogo, o per la non spettanza o per l’inesistenza del credito.

Per la sentenza che si annota appare evidente che, in questa prospettiva, l’indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell’IVA, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta (nello stesso senso Cass. nn. 13149/2020 e 5177/2015). La norma in esame, in altri termini, si presta a reprimere l’omesso versamento di somme di denaro attinente a tutti i debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario.

Viene al contrario definita come “isolata e ormai superata giurisprudenza” quella impostazione interpretativa che tende a valorizzare l’intero testo normativo, quale è il DLgs. 74/2000, diretto a sanzionare specificamente le violazioni in materia di IVA e di imposte sui redditi (così Cass. n. 38042/2019). Tale linea interpretativa fa perno anche sulla speciale causa di non punibilità del pagamento del debito tributario (art. 13 comma 1 del DLgs. 74/2000), disciplinata in termini incompatibili con obblighi di natura diversa. Obiezione che, tuttavia, la sentenza in commento non trova condivisibile.
Viene, in definitiva, confermata la condanna avente per oggetto l’indebita compensazione di ritenute fiscali, contributi previdenziali e assicurativi con inesistenti crediti tributari.