L’omessa comunicazione da parte dell’amministratore viola il generale dovere di diligenza cui lo stesso è tenuto

Di Maurizio MEOLI e Monica VALINOTTI

Con l’ordinanza n. 26071, depositata ieri, la Suprema Corte interviene sui diritti del socio accomandante di una sas con riferimento alla comunicazione del bilancio della società.
Ai sensi del terzo comma dell’art. 2320 c.c., i soci accomandanti hanno diritto di “avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite”, nonché di controllarne l’esattezza consultando i libri e gli altri documenti della società.

La citata norma distingue tra il diritto dei soci accomandanti di ricevere comunicazione dei bilanci e quello di controllo in senso proprio, che interviene a posteriori rispetto alla comunicazione del bilancio e che fa capo ad una specifica richiesta del socio rivolta all’amministratore.
Se il dovere dell’amministratore di consentire il controllo da parte dei soci accomandanti – che si traduce nel mettere a loro disposizione i libri ed i documenti sociali e permetterne l’esame – consegue necessariamente ad una esplicita richiesta, per contro, la comunicazione del bilancio, indipendentemente dalle disposizioni contenute nello statuto sociale, costituisce un adempimento doveroso da parte dell’amministratore e prescinde dalla necessità di una richiesta in tal senso avanzata dai soci accomandanti.

In considerazione dei principi sopra esposti, la Suprema Corte ha considerato errata in diritto – proprio perché in contrasto con la lettera della norma invocata (art. 2320 comma 3 c.c.) – l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui sarebbe stata necessaria una richiesta espressa da parte del socio accomandante per l’attivazione dell’obbligo di comunicazione dei bilanci posto dalla legge in capo al socio accomandatario.
Si è inoltre rilevato come l’omessa comunicazione del bilancio societario integri la violazione del più generale dovere di diligenza cui sono tenuti gli amministratori nella conduzione della gestione sociale, anche in relazione ai rapporti con gli altri organi della società.

I giudici di legittimità hanno poi evidenziato che la necessità di una comunicazione periodica da parte dell’amministratore, oltre a rispondere al dettato testuale della norma qui in considerazione, risulta altresì determinata:
– dall’esigenza di consentire all’accomandante l’esercizio del potere di controllo e di critica sull’operato del socio accomandatario;
– dalla possibilità di ritenere definitivamente “consolidato” l’esercizio in assenza di impugnazione del bilancio.

Con specifico riferimento a quest’ultimo tema, si è ritenuta non condivisibile l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui, anche in mancanza della comunicazione all’accomandante del bilancio, lo stesso sarebbe suscettibile di consolidarsi definitivamente con la mera “presentazione”, intesa come semplice elaborazione contabile alla scadenza annuale.

La mancata comunicazione non consente, infatti, ai soci accomandanti l’esercizio effettivo del diritto di impugnativa giudiziale del bilancio, di tal che esso non può ritenersi definitivamente “consolidato” per assenza di contestazioni.
Con riferimento alle ragioni che giustificano la necessità di procedere alla comunicazione del bilancio ai soci accomandanti, si può altresì osservare che l’eventuale infedeltà della dichiarazione della società si riverbera sulla dichiarazione dei redditi del socio, il quale, in caso di colposa omissione delle verifiche di esattezza dei dati relativi al bilancio sociale, può essere chiamato a rispondere per dichiarazione infedele ex art. 5 del DLgs. 472/97 (cfr. Cass. n. 18881/2021 e Cass. n. 16116/2017, nelle quali, in particolare, si è fatta applicazione del principio secondo cui il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una società di persone, imputato al socio in proporzione della relativa quota di partecipazione, comporta anche l’applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione, principio applicabile anche al socio accomandante di sas, essendo irrilevante l’estraneità di tale specie di soci all’amministrazione della società, in quanto ad essi è sempre consentito il controllo dell’amministrazione sociale e la verifica dell’effettivo ammontare degli utili conseguiti, consistendo la colpa nell’omesso o insufficiente esercizio del potere di controllo sull’esattezza dei bilanci della società).

Ne discende la necessità, per i soci accomandanti, di ricevere comunicazione del bilancio anche per adempiere correttamente agli obblighi nei confronti del Fisco.