Necessaria la sussistenza del bene alla verifica del credito o la sua individuabilità

Di Antonio NICOTRA

Il credito di rivalsa IVA può giovarsi del privilegio speciale di cui all’art. 2758 comma 2 c.c. nel caso in cui sussistano beni su cui esercitare la causa di prelazione.
Ai fini del riconoscimento di tale privilegio speciale, quindi, è necessaria la sussistenza del bene oggetto della prelazione al momento della verifica del credito, ovvero la sua individuabilità.

Se il credito nasce senza un bene sul quale far valere il privilegio, invece, tale credito deve essere considerato alla stregua di un credito chirografario, mancando il valore sul quale collocare la causa di prelazione.
A tali conclusioni è giunta, da ultimo, la Corte di Cassazione con ordinanza 8 agosto 2022 n. 24426.

Nel caso di specie, un professionista chiedeva l’ammissione al passivo, in privilegio, del credito vantato nei confronti di una società – con la quale aveva stipulato un contratto d’opera professionale, poi oggetto di recesso dello stesso – in seguito fallita.
Il contratto contemplava la facoltà di recesso ad nutum per ciascuna delle parti, con la precisazione che, in questo caso, sarebbero stati dovuti al professionista (oltre gli acconti ricevuti) solo i compensi già maturati sino a quel momento.
Il giudice delegato al fallimento ammetteva al passivo della procedura una somma inferiore a quella richiesta in privilegio ex art. 2751-bis n. 2 c.c., oltre IVA e CPA in chirografo da quantificarsi in sede di riparto, mentre l’opposizione ex art. 98 del RD 267/42 proposta dal professionista contro il decreto di esecutività dello stato passivo veniva rigettata dal Tribunale.

Si osservava, tra l’altro, che il credito di rivalsa IVA può giovarsi del privilegio speciale di cui all’art. 2758 comma 2 c.c. nel caso in cui sussistano beni su cui esercitare la causa di prelazione, ipotesi che non ricorreva nel caso de quo.
Il ricorrente lamentava, quindi, la violazione dell’art. 2758 comma 2 c.c., sul presupposto che il credito per rivalsa IVA correlato al credito professionale avrebbe dovuto ammettersi al passivo in privilegio: l’eventuale mancanza dei beni oggetto del privilegio richiesto, invece, sarebbe stata irrilevante nella fase ricognitiva del credito stesso, non incidendo né sulla causa né sulla qualificazione della prelazione, e rilevando solo in sede attuativa.
La verifica dell’esistenza del bene oggetto del privilegio sarebbe stata, quindi, una questione demandata alla fase del riparto.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il credito di rivalsa IVA può servirsi del privilegio speciale di cui all’art. 2758 comma 2 c.c. nel caso in cui sussistano beni – che il creditore ha l’onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo, nel senso previsto dall’art. 93 comma 3 n. 4 del RD 267/42 – su cui esercitare la causa di prelazione.

Ne discende che, ai fini del riconoscimento di tale privilegio speciale, è necessaria la sussistenza del bene oggetto della prelazione al momento della verifica del credito o, quanto meno, la sua individuabilità, in modo da non potersi escludersi la successiva acquisizione all’attivo fallimentare.
Nell’ipotesi in cui, invece, il credito nasca senza un possibile bene sul quale far valere il privilegio, esso deve essere considerato come credito chirografario, in assenza del possibile valore sul quale collocare la causa di prelazione (Cass. n. 9616/2016, Cass. n. 7414/2014, Cass. n. 8222/2011 e Cass. n. 6149/95).

I giudici di legittimità, quindi, confermano la posizione del collegio di merito, che ha applicato correttamente il principio anzidetto, dopo aver constatato la mancanza di “beni su cui esercitare la prelazione”, ossia la non individuabilità, al momento stesso del sorgere del credito, di alcun bene o valore sul quale il privilegio avrebbe potuto trovare collocazione.