Rimangono le specifiche disposizioni di legge in tema di prove

Di Alfio CISSELLO

Dal 16 settembre 2022, opera l’art. 7 comma 5-bis del DLgs. 546/92, quindi, in sintesi:
– “l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato”;
– il giudice annulla la pretesa quando “la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni”.

Ciò non fa che confermare quanto già in essere a livello di principio astratto, posto che sono rare le ipotesi in cui il contribuente vince la causa sulla sola base dell’art. 2697 c.c.
Fermo restando che occorre pur sempre distinguere tra prova e motivazione, bisogna rammentare che il nuovo comma 5-bis lascia intatte le diverse previsioni di legge che limitano o circoscrivono i mezzi probatori o che agevolano l’attività probatoria degli uffici.

Non si ritiene quindi che siano implicitamente abrogati gli artt. 39 comma 2 del DPR 600/73 e 55 del DPR 633/72 nella parte in cui, a fronte di inadempienze del contribuente particolarmente gravi, legittimano la determinazione del reddito mediante presunzioni semplicissime, ovvero non gravi, non precise e non concordanti.

Del pari, rimane necessario che nelle cessioni intracomunitarie il contribuente debba possedere i documenti richiesti dall’art. 45-bis del regolamento Ue 282/2011, come modificato dal regolamento n. 1912 del 4 dicembre 2018 che configurano una presunzione di cessione.
In molti casi, il nuovo comma 5-bis, se applicato seriamente, potrebbe comportare l’accoglimento di molti ricorsi in tema di frodi IVA o in tema di sponsorizzazioni sportive.

La prova deve essere circostanziata, puntuale e non contraddittoria e ciò a maggior ragione deve valere se si tratta di accuse di frode.
Ove un contribuente abbia sostenuto costi per sponsorizzazioni da un soggetto che, notoriamente, ha emesso fatture per quelle stesse sponsorizzazioni per operazioni in parte inesistenti, il Fisco dovrà dimostrare che il contribuente ha dedotto i costi e detratto l’IVA per operazioni in parte gonfiate.

Non basterà di certo sostenere che siccome tutti coloro i quali hanno acquistato i servizi dal soggetto X hanno commesso illeciti tributari anche il contribuente li ha per forza di cose commessi. Si tratta per definizione di inesistenza parziale, quindi le operazioni sono avvenute nella loro realtà storica.

Nelle frodi IVA, non basteranno semplici sospetti a far sì che l’onere probatorio si ribalti in danno al contribuente.
Il Fisco in modo puntuale e non contraddittorio dovrà dimostrare che il contribuente sapeva della frode, magari producendo email, testimonianze di terzi, documenti che dimostrano la retrocessione del denaro oppure il pagamento a soggetti diversi dal reale fornitore.
Solo a questo punto il contribuente dovrà dimostrare che non poteva non sapere della frode, avendo attuato una condotta diligente.

Il fatto che altri soggetti abbiano commesso il reato è irrilevante, il fatto che il contribuente non si sia informato sulla serietà della controparte nel senso inteso dagli uffici è irrilevante (sovente si pretende che vengano chieste alla controparte le dichiarazioni IVA e i modelli F24).

Si tratta di principi già ampiamente enunciati dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia Ue 4 giugno 2020 n. C-430/19) ma che, si ricorda, sono interpretati in misura oltremodo restrittiva in ambito nazionale.
Non è raro che gli uffici, constatata la frode in capo ad un soggetto, recuperino l’IVA detratta in capo a tutti i soggetti che hanno acquistato beni o servizi da quel soggetto in modo automatico, sulla sola base delle risultanze penali, a prescindere dall’esistenza di una prova specifica di evasione a carico del contribuente interessato.

Come detto, la L. 130/2022 rafforza un principio esistente, dunque è un importante monito ai giudici che dovranno valutare rigorosamente le prove prodotte dagli uffici.
Ad avviso di chi scrive, nella casistica indicata l’Agenzia delle Entrata dovrà fornire la prova in sede tributaria allo stesso modo di come il P.M. la deve fornire in sede penale.