Una circolare dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che sono incluse le operazioni nei confronti di privati
Con la circolare n. 26, pubblicata ieri in tarda serata, l’Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti relativi alla comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”) , la cui disciplina ha, tra l’altro, subito significative modifiche a decorrere dallo scorso 1° luglio.
L’Agenzia delle Entrate traccia la rotta interpretativa esplicitando che la finalità dell’esterometro non è più ravvisabile nel mero controllo delle operazioni rilevanti ai fini IVA, ma è di più ampio respiro e ricomprende il monitoraggio di tutte le operazioni in cui la controparte del soggetto passivo IVA residente in Italia è “estera”.
Ne segue che, seppure in assenza di espressa previsione normativa, la trasmissione dei dati deve riferirsi non solo alle operazioni in cui la controparte è un operatore economico, ma anche a quelle poste in essere con privati consumatori.
Un’ulteriore declinazione del principio del monitoraggio omnicomprensivo è relativa all’ambito “qualitativo” del perimetro di osservazione nel quale ricadono tutte le operazioni, prescindendo dalla natura delle stesse ed in particolare dal fatto che rilevino territorialmente in Italia ai fini del tributo.
La sola limitazione concerne gli acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia (ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies del DPR 633/72), i quali costituiscono oggetto di comunicazione solamente se il loro importo è di superiore a 5.000 euro. Lo ha previsto, di recente, l’art. 12 del DL 73/2022, in corso di conversione in legge.
Nella stessa direzione va la gradualità con cui è esteso l’obbligo di compilazione dell’esterometro anche ai soggetti in regime forfetario (art. 1 comma 54 ss. della L. 190/2014) e a coloro che aderiscono al regime ex L. 398/91 per gli enti non commerciali. Tra questi soggetti, stante l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica dal 1° luglio 2022 ex DL 36/2022, l’esterometro è dovuto solo da parte di coloro che nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a 25.000 euro. A decorrere dal 1° gennaio 2024, invece, l’obbligo riguarderà anche i restanti soggetti.
Viene precisato che sono inclusi nell’obbligo anche gli enti del terzo settore e che, per la generalità degli enti non commerciali, la comunicazione concerne le sole operazioni realizzate nella sfera commerciale dell’ente.
Tra gli altri aspetti esaminati nella circolare n. 26 dell’Agenzia delle Entrate, a titolo non esaustivo, si evidenzia:
– la necessità di compilare, ai fini dell’esterometro, un documento che sia coincidente a quello della fatturazione elettronica via SdI, per i campi obbligatori, come nel caso della “natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione”, fatta salva la possibilità di valorizzare – in via semplificativa – il campo relativo alla descrizione con la parola “beni” e/o “servizi” qualora nella fattura elettronica già emessa via SdI vi sia la descrizione dei beni ceduti e/o dei servizi prestati;
– la conferma che il termine di trasmissione dei dati delle operazioni attive è legato a quello di emissione dei documenti che certificano i corrispettivi delle operazioni o, nel caso degli acquisti (in assenza del documento) al momento di effettuazione delle operazioni;
– il fatto che la trasmissione dei dati delle operazioni passive nell’ambito dell’esterometro consente di assolvere agli obblighi di autofatturazione di cui all’art. 17 comma 2 del DPR 633/72;
– il chiarimento tale per cui, in caso di tardiva trasmissione dei dati delle operazioni passive, in termini generali non è configurabile anche il tardivo assolvimento dell’IVA mediante integrazione del documento ricevuto o emissione di autofattura.
Ulteriori precisazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate riguardano la conservazione dei documenti trasmessi via SdI ai fini dell’esterometro.
Nel caso di emissione di una fattura in formato XML, trasmessa via SdI, tale fattura deve essere conservata in modalità elettronica ai sensi dell’art. 39 comma 3 del DPR 633/72.
Nell’ipotesi in cui il documento sia emesso alla controparte non stabilita utilizzando il codice convenzionale “XXXXXXX” e il codice paese del destinatario diverso da IT, il file contenente i dati della fattura non viene recapitato da SdI al cessionario o committente.
Dunque, l’Agenzia precisa che, non trattandosi di una fattura elettronica, il documento è comunque da conservare, ed è possibile farlo elettronicamente.
Analogamente, in riferimento agli acquisti, laddove l’autofatturazione avvenga solo tramite SdI utilizzando i relativi codici, vi è obbligo di conservazione elettronica, la quale diventa meramente facoltativa in presenza di un documento (analogico o meno) emesso al di fuori del SdI.
Quanto descritto dà conto dei principali chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 26/2022. Per gli ulteriori aspetti non espressamente esaminati, si rinvia a successivi approfondimenti.