La perdita del capitale determinata nel 2021 per effetto della revoca civilistica sembrerebbe riferibile all’esercizio 2020
A seguito della previsione (art. 1 comma 624-bis della L. n. 234/2021, inserito dall’art. 3 comma 3-bis del DL n. 4/2022, conv. L. n. 25/2022) della possibilità di revocare la rivalutazione del marchio effettuata nell’esercizio 2020 non soltanto per quanto riguarda gli effetti fiscali, ma anche dal punto di vista civilistico, il documento interpretativo OIC 10 ha disciplinato le modalità contabili attraverso le quali eliminare dal bilancio gli effetti della rivalutazione.
Le imprese che optano per la revoca civilistica devono eliminare dall’attivo dello Stato patrimoniale il maggior valore attribuito al marchio, a fronte della rivalutazione effettuata nell’esercizio precedente, in contropartita al patrimonio netto. Gli ammortamenti dell’esercizio 2021 devono essere calcolati sul valore del bene rideterminato, cioè dopo avere eliminato il maggior valore.
Considerato che la revoca riguarda anche gli effetti fiscali, si origina un credito tributario per via del diritto di rimborso o compensazione dell’imposta sostitutiva già versata e si iscrive, in contropartita, una posta di patrimonio netto. In caso di pagamento rateizzato, deve essere eliminata, in contropartita al patrimonio netto, la quota parte del debito relativo all’imposta sostitutiva ancora da versare.
La possibilità sopra illustrata può originare, in alcuni casi, la particolare situazione in cui la rinuncia anche civilistica alla rivalutazione del marchio, contabilizzata nell’esercizio 2021, fa ricadere la società nella fattispecie di cui all’art. 2447 c.c. in caso di spa (o all’art. 2482-ter in caso di srl), ovvero una riduzione del capitale sociale per perdite superiore al terzo e anche tale da ridurre il capitale sociale al di sotto del minimo di legge.
Un esempio potrebbe essere rappresentato da imprese scarsamente capitalizzate che, nel corso del 2020, hanno incrementato significativamente i volumi di vendita (beneficiando dalla maggiore propensione dei consumatori ad acquistare sul web nel periodo pandemico), che hanno optato per la rivalutazione del marchio e che, nell’esercizio 2021, hanno registrato una significativa contrazione dei volumi di vendita.
Nel 2021 è possibile esercitare l’opzione per la rinuncia civilistica e fiscale alla rivalutazione.
Tale situazione genera un dubbio, portando a chiedersi se si deve ritenere che la perdita del capitale si sia originata nell’esercizio 2020 oppure nell’esercizio 2021.
In entrambi gli esercizi, l’art. 6 del DL n. 23/2020 (conv. L. n. 40/2020), come modificato dall’art. 3 comma 1-ter del DL n. 228/2021 (conv. L. n. 15/2022), prevede la disapplicazione degli obblighi di intervento da parte dell’assemblea dei soci.
Tuttavia, con riferimento alle perdite di capitale del 2020, l’obbligo di intervento da parte dell’assemblea è rinviato (ma è opportuna la previsione di utili nei successivi esercizi, stante la ratio della norma) all’esercizio 2025, mentre, per quelle originatasi nel 2021, all’esercizio 2026.
A nostro parere, in tali casi, considerato che la revoca ripristina la situazione patrimoniale che si sarebbe determinata qualora la rivalutazione non fosse stata effettuata, la perdita del capitale sembrerebbe riferibile all’esercizio 2020.
Se, quindi, nell’esercizio 2021 si è determinata una riduzione del capitale sociale superiore al terzo e tale da ridurre il capitale al di sotto del minimo di legge unicamente per effetto della revoca civilistica e, in assenza di rivalutazione del marchio, tale situazione si sarebbe già presentata nell’esercizio 2020, ai fini degli obblighi di intervento da parte dell’assemblea dei soci sembrerebbe necessario considerare originata la situazione di cui agli artt. 2447 e 2482-ter c.c. già nell’esercizio 2020.
Infine, a nostro parere, sono comunque applicabili gli ordinari principi contabili OIC; pertanto, nel caso in cui si ravvisino indicatori di perdita durevole di valore, occorre procedere con il test di impairment così come disciplinato dal documento OIC 9.
L’impresa potrebbe, infatti, decidere di non revocare ai fini civilistici la rivalutazione effettuata (ma, quindi, eventualmente solo a fini fiscali) e procedere alla svalutazione, anche solo parziale, del marchio, al fine di esporlo in bilancio a un valore non superiore all’ammontare recuperabile.
Tale soluzione, oltre a consentire una svalutazione parziale del marchio, consentirebbe anche, nei successivi esercizi, in caso di miglioramento delle performance aziendali, di effettuare il ripristino del valore originario.