L’operazione consente la «liberazione» del saldo attivo, che diventa disponibile

Di Gianluca ODETTO e Enrico TERRAGNI

Per il calcolo della “super ACE” (e dell’ACE ordinaria), l’art. 5 comma 2 del DM 3 agosto 2017 esclude gli incrementi derivanti dall’accantonamento a riserve non disponibili. Tra queste, il successivo comma 6 annovera le riserve formate con utili derivanti dai processi di valutazione, alle quali appartengono i saldi attivi di rivalutazione.

L’irrilevanza ai fini ACE, tuttavia, non è permanente. Al contrario, lo stesso art. 5 comma 6 del DM 3 agosto 2017 prevede che, se una riserva originariamente non computata in quanto indisponibile diventa disponibile, essa è computata nella base ACE nell’esercizio in cui viene meno l’indisponibilità, sempre che la riserva si sia formata a decorrere dal 2011 (primo periodo di operatività dell’agevolazione).

Sulla medesima questione l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 21/2015, ha chiarito che, con riferimento alle riserve di rivalutazione, l’indisponibilità viene meno a seguito del realizzo dei beni rivalutati. Nella più recente risposta a interpello n. 889/2021 l’Agenzia delle Entrate ha poi chiarito che il medesimo effetto di “liberazione” si ha con l’ammortamento (civilistico) dei beni rivalutati.

Coerentemente con tale assunto, la risposta n. 14 resa dall’Agenzia stessa nel corso di Telefisco 2022 ha precisato che la riserva di rivalutazione costituita nel bilancio al 31 dicembre 2020 ai sensi dell’art. 110 del DL 104/2020, in sé non computabile nella base della “super ACE” in quanto indisponibile, lo diventa invece per la quota “realizzata” per cessione del bene o per suo ammortamento nel 2021.
Nel tentativo di stabilire le modalità tecniche con cui è possibile sfruttare il beneficio, si può ipotizzare un bene originariamente iscritto nell’attivo per 50 e rivalutato a 1.050 al 31 dicembre 2020, con contropartita una riserva di rivalutazione pari a 970 (differenza tra i maggiori valori iscritti e l’imposta sostitutiva del 3%).

Ipotizzando un piano di ammortamento civilistico a quote costanti per 10 anni, la quota imputata a Conto economico ammonterebbe a 105 in ciascun esercizio. Tale processo assume natura realizzativa, nella misura in cui permette al costo rivalutato di “partecipare” al risultato economico dell’impresa, in riduzione dell’utile dell’esercizio.
Ai fini dell’ACE, tuttavia, si rivela necessario effettuare alcune riflessioni, poiché non è tale importo a rilevare a titolo di incremento. Infatti, occorre identificare la quota parte agevolabile, depurandola in primo luogo della componente dell’ammortamento riferita al costo originario (il 10% di 50) e, si ritiene, della componente del saldo lordo corrispondente all’imposta sostitutiva. Adottando tale impostazione, l’incremento del capitale agevolabile per il 2021 corrisponderebbe a 97 – pari, di fatto, all’ammontare della riserva moltiplicata per l’aliquota di ammortamento.

La soluzione, sicuramente prudenziale rispetto ad una piena rilevanza ai fini ACE dell’intero ammortamento civilistico, appare sostenuta da una lettura sistematica (è tale infatti, l’importo “realizzato”), permettendo altresì di gestire su un unico binario temporale (con importi diversi, ma sempre proporzionali) gli ammortamenti, da un lato, e la rilevanza ai fini ACE della riserva, dall’altro.

Ulteriore indicazione di particolare rilievo riguarda la “quantificazione” dell’ammortamento. L’Agenzia, infatti, specifica che occorre aver riguardo all’accezione civilistica dell’ammortamento, consentendo, di fatto, una deduzione più consistente nel singolo periodo ai contribuenti con piani di ammortamento più rapidi (e ciò anche se, per effetto delle limitazioni previste dall’art. 102 del TUIR, si originano riprese fiscali di una parte di tali ammortamenti).

L’orientamento contenuto nella risposta a interpello n. 889/2021 riguarda tutte le riserve da rivalutazione, purché la costituzione sia avvenuta successivamente al 31 dicembre 2010. Pertanto, i relativi principi possono essere estesi alle rivalutazioni operate dal 2011 in avanti, per le quali l’importo rilevante in ciascun esercizio corrisponde alla quota “realizzata” nel medesimo.

In merito alle modalità di recupero del beneficio, la risposta a interpello n. 889/2021 ha avallato la soluzione del contribuente, dove veniva prospettata la possibilità di intervenire attraverso dichiarazioni integrative “a favore” ex art. 2 del DPR 322/98.

Ove fosse confermato tale approccio, nell’ipotesi di mancata rilevanza in diversi esercizi, occorrerebbe emendare il contenuto delle dichiarazioni di ciascun periodo d’imposta, indicando una maggior deduzione ACE.
In presenza di un reddito imponibile nella originaria dichiarazione, avrebbe luogo una sua riduzione, con la conseguente emersione di un credito d’imposta, le cui modalità e tempistiche di utilizzo sono disciplinate dall’art. 2 comma 8-bis del DPR 322/98.

Nei casi in cui non sia presente un reddito imponibile, la maggiore deduzione ACE diverrebbe oggetto di riporto in avanti, incrementando, di fatto, le eccedenze sino alla prima dichiarazione in cui è presente un reddito capiente.