Mancano espressi riferimenti normativi per la valutazione dello stato di sovraindebitamento

Di Chiara CRACOLICI e Alessandro CURLETTI

Il decreto di omologa del piano del consumatore emesso dal Tribunale di Torino il 21 settembre 2021 (in fase di reclamo) è degno di nota non soltanto per aver affrontato la questione relativa alla mancata messa a disposizione, da parte del sovraindebitato, del TFR sino ad allora maturato in favore della massa, ma anche per aver fornito rilevanti spunti di riflessione sulla questione relativa alla quantificazione, sempre da parte del debitore, delle spese necessarie al sostentamento proprio e della propria famiglia.

Come già illustrato su Eutekne.info (si veda “Omologa del piano del consumatore anche se non è incluso il TFR” dell’8 aprile), da un punto di vista fattuale, un debitore, sovraindebitato e affetto da patologia di “disturbo di gioco d’azzardo”, presentava un piano del consumatore, che incontrava l’opposizione di un creditore, nella specie la finanziaria cessionaria del quinto della retribuzione del ricorrente, la quale contestava, tra gli altri elementi, l’effettiva sussistenza dello stato di sovraindebitamento del ricorrente e il criterio di quantificazione del fabbisogno del proponente.

Tralasciando la contestazione relativa alla sussistenza dello stato di sovraindebitamento (relativamente alla valutazione del quale il decreto concorda sul fatto che si debba tener conto non soltanto, in termini assoluti, delle entrate e delle uscite – impegni finanziari assunti – bensì anche delle spese necessarie al sostentamento del debitore e della propria famiglia) e concentrando l’attenzione invece su quella relativa alla quantificazione delle spese necessarie al sostentamento familiare ai fini della valutazione dello stato di sovraindebitamento, il creditore opponente, da una parte, riteneva che, a fini del calcolo del fabbisogno del proponente, questi dovesse escludere dalla composizione del proprio nucleo familiare la convivente more uxorio, ove, dall’altra, sosteneva che, per il calcolo delle spese necessarie al mantenimento, si sarebbe dovuto far riferimento al criterio di cui all’art. 9 comma 3-bis lett. e) della L. 3/2012 (proposto per la valutazione relativa al merito creditizio).

Con riferimento alla prima contestazione, il decreto ha ritenuto di non poter aderire alla tesi del creditore, in quanto “pacifico e? ormai che nel concetto di famiglia debba ricomprendersi anche la convivenza more uxorio e non solo il vincolo matrimoniale: cio? consegue non solo a un’interpretazione coerente col fondamentale principio costituzionale di uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.), consacrato ora anche dall’art. 1 comma 36 legge 76/2016, ma anche alle indicazioni provenienti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha chiarito che la nozione di «vita privata e familiare» di cui all’art. 8 paragrafo 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo include non solo le relazioni consacrate dal matrimonio ma anche le unioni di fatto, nonché in generale i legami esistenti tra i componenti del gruppo designato come famiglia naturale (sentenza 5040/2017)…”.

Anche con riferimento alla seconda contestazione, il decreto ha ritenuto di non poter aderire alla tesi dell’opponente, in quanto la disposizione richiamata dal creditore, poiché avente un “oggetto” e una “finalità” diversi (nello specifico, i parametri da utilizzare per calcolare se l’ente finanziatore abbia considerato il merito creditizio del debitore), non può estendersi alla valutazione dello stato di sovraindebitamento del debitore.

Condividendo l’operato dell’OCC, il decreto, confrontandosi con “l’assenza di espressi parametri normativi”, ha proposto, pertanto, i seguenti criteri ai fini della quantificazione delle spese: indicazione delle spese, corredata dall’allegazione dei “relativi giustificativi”; verifica, a cura dell’organismo, circa la congruità delle stesse “in riferimento alla quantificazione ISTAT” (che, nel caso di specie, peraltro, risultava di gran lunga superiore al quantum indicato dal ricorrente); verifica, a cura dell’OCC, che tra le spese indicate dal debitore e da questi documentalmente giustificate non rientrino “[…] spese voluttuarie o sproporzionate”.

E, conclude il decreto, “qualora si volesse individuare un parametro normativo da applicare analogicamente, non sarebbe comunque quello invocato dal creditore […], come si è detto relativo alla diversa fattispecie (valutazione del merito creditizio da parte dei finanziatori), bensì quello di cui all’art. 14 quaterdecies L. n. 3/2012 che prevede il calcolo dell’occorrente «al mantenimento del debitore e della famiglia» nell’ipotesi di esdebitazione dell’incapiente, prevedendone la quantificazione «in misura pari all’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE prevista dal regolamento di cui al DPCM 5.12.2013 n. 159»”.