Dovrebbe essere chiarito se la nozione di «azienda privata» può essere intesa in senso ampio

Di Pamela ALBERTI e Alessandro COTTO

L’art. 2 del DL 21/2022 introduce una norma straordinaria diretta a sostenere i lavoratori dipendenti colpiti dall’incremento dei costi del carburante (si veda “Buoni carburante per i dipendenti non imponibili fino a 200 euro” del 22 marzo), detassando ed escludendo da contribuzione i buoni benzina assegnati gratuitamente dal datore di lavoro.
La formulazione normativa è, a ben vedere, peculiare in quanto non interviene sul TUIR e stabilisce che, per l’anno in corso, l’importo del valore di buoni benzina o analoghi titoli ceduti a titolo gratuito da “aziende private” ai lavoratori dipendenti per l’acquisto di carburanti, nel limite di 200 euro per lavoratore, non concorre alla formazione del reddito ai sensi dell’art. 51 comma 3 del TUIR.

Un primo aspetto che merita di essere evidenziato è il riferimento alle “aziende private”. Da ciò sembra potersi concludere che sono esclusi dall’agevolazione i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, scelta peraltro non nuova, visto che anche in materia di tassazione agevolata dei premi di risultato opera un criterio simile.
Al di là della concreta applicabilità dell’agevolazione al settore pubblico, sul piano della coerenza sistematica questa soluzione lascia perplessi; anche con riferimento ai premi di risultato l’Agenzia delle Entrate aveva evidenziato tale aspetto, osservando tuttavia che la disparità di trattamento tra settore pubblico e privato, collegata all’applicazione dell’art. 2 del DL 93/2008, trovava “la sua giustificazione nella natura sperimentale e transitoria della disposizione normativa, che richiede un’attenta valutazione in vista di una sua eventuale e più completa applicazione” (circ. Agenzia delle Entrate 22 ottobre 2008 n. 59, § 15).

Il concetto di azienda privata pone poi un problema con riferimento ai dipendenti degli studi professionali. Non vi è dubbio che tale termine identifichi le attività imprenditoriali, essendo l’azienda il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, ma escludere i dipendenti degli esercenti arti e professioni sarebbe una scelta iniqua e probabilmente nemmeno voluta dal legislatore.
Senza dimenticare che da tempo si è affermato in giurisprudenza il concetto di azienda professionale, intesa come un’organizzazione di mezzi, strutture, dipendenti e locali “tali che il fattore organizzativo e l’entità dei mezzi impiegati sovrasti l’attività professionale del (dei) titolare (i) o, almeno, si ponga, rispetto a questa, come una entità giuridica dotata di una propria autonomia strutturale e funzionale che, seppure non separata dall’attività dei titolari, assuma una rilevanza economica tale da essere suscettibile di una propria valutazione” (Cass. 11896 del 7 agosto 2002).

Appurato che, almeno nella prospettiva di tale ricostruzione, il beneficio spetterebbe agli studi di grandi dimensioni, pare necessaria una modifica normativa tesa ad affermare chiaramente che la detassazione spetta a tutti i dipendenti del settore privato, ivi compresi i dipendenti degli esercenti arti e professioni.

Un secondo profilo meritorio di considerazioni è il fatto che, a differenza di molte norme contenute nell’art. 51 del TUIR in materia di tassazione del reddito di lavoro dipendente, non vi è una previsione diretta a subordinare l’agevolazione al fatto che sia attribuita alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti. Tale soluzione normativa non sembra frutto di una dimenticanza, ma appare coerente con la tipologia del beneficio che ben si presta a un riconoscimento ad personam, ad esempio, per quei soggetti che devono utilizzare l’autovettura privata per recarsi al lavoro e che quindi sono effettivamente incisi dal caro carburante.
Per contro, avrebbe poco senso doverlo riconoscere anche a quei dipendenti che non posseggono un’autovettura.

In tale prospettiva, può essere utile evidenziare che, secondo l’art. 2 del DL 21/2022, i buoni benzina non concorrono a formare il reddito “ai sensi” dell’art. 51 comma 3 del TUIR. Anche tale rinvio autorizza a ritenere che l’esclusione dalla tassazione operi singolarmente, dal momento che la franchigia del comma 3 opera a livello individuale (cfr. anche circ. Agenzia delle Entrate 22 ottobre 2008 n. 59, § 16, con specifico riferimento alle erogazioni liberali in natura).

Inoltre, in assenza di specifiche indicazioni normative, dovrebbe essere chiarito cosa accade in caso di superamento del limite di 200 euro.
Considerato il rinvio al citato comma 3 dell’art. 51, l’intero valore dei buoni potrebbe concorrere a formare il reddito del dipendente, analogamente a quanto previsto in caso di superamento della franchigia “generale” dei fringe benefit.
In alternativa, trattandosi di una specifica disposizione agevolativa, potrebbe restare ferma la non concorrenza fino a 200 euro, per cui solo l’eccedenza concorrerebbe al calcolo della soglia “generale”.