Legittima la rinuncia se determinata e assunta con riguardo a condotte già compiute

Di Maurizio MEOLI

È valida la dichiarazione con la quale il nuovo socio totalitario di una società, dando atto dell’intervenuto acquisto dell’intero capitale sociale, si impegna a non esperire nei confronti di ex amministratori e sindaci, nel frattempo dimessisi, non solo l’azione sociale di responsabilità (salvo i casi di dolo e colpa grave), ma anche l’azione di risarcimento prevista dall’art. 2395 c.c.; da un lato, infatti, la volontà di rinunciare al diritto è inequivocabilmente manifestata, e, dall’altro, si tratta di un diritto disponibile sul quale è ammesso ogni tipo di negoziazione.
Ad affermarlo è il Tribunale di Milano nella sentenza n. 2727/2021.

La rinuncia all’azione individuale di cui all’art. 2395 c.c. – osservano in particolare i giudici milanesi – non può dirsi indeterminata nel suo oggetto dal momento che fa espresso riferimento alla norma codicistica in connessione con fatti attinenti all’acquisto della società, richiamato nelle premesse della dichiarazione.
Non è, inoltre, possibile riferire la dichiarazione solo all’azione ex art. 2395 c.c. esperibile quale socio e non anche a quella azionata, sempre ex art. 2395 c.c., ma in qualità di terzo.

La sentenza in commento reputa questa interpretazione non condivisibile. Innanzitutto, perché nel testo della dichiarazione il riferimento alla qualifica di socio emerge quale conseguenza dell’impegno ad astenersi dall’esercitare il diritto di voto nelle delibere di proposizione delle azioni di responsabilità sociale verso gli ex amministratori e sindaci. E, poi, perché se la dichiarazione di rinuncia all’azione ex art. 2395 c.c. fosse limitata all’azione esercitabile solo quale socio verso ex amministratori e sindaci, si tratterebbe di una dichiarazione di rinuncia senza possibilità di oggetto concreto, in quanto non si può configurare un danno diretto al patrimonio del nuovo socio cagionato da condotte di amministratori e sindaci della società acquisita che siano stati in carica prima della vicenda traslativa delle partecipazioni sociali che ha attribuito la qualifica di socio e che si siano già dimessi alla data della dichiarazione remissoria.

Le condotte colpose o dolose che avessero eventualmente posto in essere gli amministratori o i sindaci della società prima dell’ingresso del nuovo socio mai avrebbero potuto comportare come effetto un pregiudizio diretto sul suo patrimonio quale socio della società, perché socio non era.

La suddetta dichiarazione, ancora, neppure può dirsi in contrasto con quanto stabilito dall’art. 1229 c.c., che sanziona con la nullità ogni patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave.
Si tratta, infatti, di una dichiarazione “abdicativa” di un diritto del nuovo socio che non si colloca in un contratto, atto o situazione che importi per gli amministratori e sindaci dimissionari alcuna obbligazione verso lo stesso rispetto alla quale la dichiarazione remissoria possa essere considerata come una limitazione preventiva della responsabilità degli amministratori e sindaci in ipotesi di violazione con dolo o colpa grave. Essa non è resa prima del sorgere della responsabilità, ma successivamente, dal momento che, in conseguenza dell’acquisto della totalità del capitale sociale da parte del nuovo socio, gli amministratori e i sindaci avevano già rassegnato le dimissioni.

Ci si trova, quindi, in presenza di una dichiarazione che attiene ad attività pregresse ovvero, in particolare, a condotte che potrebbero avere indotto il nuovo socio ad effettuare un investimento disinformato; posto che, solo in relazione all’operazione di acquisto della partecipazione totalitaria questo era venuto in contatto con gli organi sociali della società acquisita.

A mancare – osservano, allora, i giudici milanesi – è la ratio della nullità del patto preventivo di esonero da responsabilità del debitore, che intende evitare condotte gravemente negligenti ed irresponsabili da parte di chi sia tenuto ad una certa obbligazione: il patto di preventivo esonero da responsabilità svuoterebbe di contenuto sia ogni impegno contrattuale all’adempimento sia il modello normativo di condotta disegnato dall’art. 2043 c.c. in ordine alla responsabilità extracontrattuale.

Tale ratio non ricorre quando l’accordo o l’impegno siano assunti dopo che la condotta da cui potrebbe sorgere la responsabilità si è già compiuta ovvero in un momento in cui il creditore è posto in condizione di esaminare la condotta fonte di responsabilità. Qui, infatti, non si tratta di un accordo preventivo di esonero di responsabilità per dolo o colpa grave, ma di una dichiarazione di rinuncia ad un proprio diritto di azione e ad un (eventuale) credito risarcitorio.

In sostanza, ciò che rende legittima la dichiarazione riportata in premessa è il fatto che la stessa non concretizzi un accordo preventivo di esonero della responsabilità per dolo o colpa grave di amministratori e sindaci della società acquisita, bensì una rinuncia abdicativa/dismissiva di un diritto del tutto disponibile pienamente rientrante nel patrimonio del rinunciante.