Possono assumere rilevanza penale se permettono di godere di determinati benefici, di natura fiscale o finanziaria
Sulla scia della crescente importanza che stanno assumendo i fattori Environment Social e Governance (ESG), gli investitori tenderanno a privilegiare sempre più i criteri della sostenibilità e l’attenzione all’ambiente, al sociale ed alla governance. Tuttavia, a causa dell’assenza di definizioni, metriche e rating condivisi per gli investimenti ESG potranno sorgere rischi di frode, malcostume e greenwashing.
In un simile contesto le norme del diritto penale possono rappresentare lo strumento adatto per garantire una stabilità finanziaria, specie in considerazione del fatto che oggi fare impresa in maniera “etica” favorisce il business, crea valore, e contribuisce allo sviluppo di un sistema normativo incentrato sulla prevenzione più che sulla repressione. In particolare le imprese aspirano a un modello di compliance in cui sia sempre più il mercato a porre un’attenzione incisiva alla repulsione dell’illegalità, in un contesto caratterizzato dalla convergenza fra le best practice aziendali, l’economia dell’impresa e il diritto d’impresa. Il diritto penale rientra così tra i fattori che possono incidere sull’attività di impresa in quanto una corretta gestione del rischio dovrà tenere in considerazione anche quei comportamenti illeciti aventi rilevanza penale.
Da un lato, i fattori ESG possono assumere rilevanza penale nella misura in cui permettano di godere di determinati benefici, di natura fiscale o finanziaria. Eventuali falsità nelle dichiarazioni – in particolare nella dichiarazione non finanziaria prevista dal DLgs. 254/2016 – sebbene non direttamente sanzionate a livello penale, potrebbero allora assumere una valenza a livello penal-tributario o di reati societari.
D’altra parte, il tema dell’ESG è intimamente connesso al DLgs. 231/2001. In particolare:
– con riferimento al fattore “environment” la casistica dettata dalla disciplina speciale è estremamente variegata, ricomprendendo delitti, contravvenzioni e reati ambientali afferenti ad esempio a: violazioni urbanistiche; gestione di rifiuti; inquinamento atmosferico; tutela delle acque; sostanze pericolose e rischio di incidente rilevante; inquinamento acustico;
– con riferimento al fattore “social” si possono prendere in considerazione: i reati contro la Pubblica Amministrazione legati all’erogazione di finanziamenti pubblici, alle diverse forme di corruzione e/o ai rapporti con le autorità di vigilanza (rischi che sono divenuti ancora più rilevanti a seguito dei contributi e delle facilitazioni connesse all’emergenza COVID-19 che possono portare alla percezione di contributi in tutto o in parte non spettanti); i reati commessi in violazione della normativa in tema di salute e sicurezza dei lavoratori; i reati informatici e gli illeciti connessi alla normativa di tutela per il trattamento dei dati; i reati contro la personalità individuale, con particolare riguardo alla recente tematica del c.d. “caporalato”; i reati di induzione a non rilasciare o a rilasciare dichiarazioni false all’autorità giudiziaria;
– con riferimento al fattore “governance” possono esser presi in considerazione i reati di “market abuse”, i reati tributari e di contrabbando, i reati societari, con particolare riguardo alle false comunicazioni sociali, i reati di riciclaggio e autoriciclaggio, i reati associativi e transnazionali funzionali alla commissione di altri reati contemplati dal DLgs. 231/2001.
Il modello organizzativo di cui al decreto 231 diviene dunque un elemento centrale anche per le tematiche ESG: le società saranno valutate non solo per aver adottato un modello organizzativo ma anche per la sua efficace attuazione, vale a dire per un modo di essere, una consistenza interna, una storia di scelte imprenditoriali improntata a certi valori. È evidente che questi valori trovano espressione o collimano con i valori alla base dell’ESG. Non può dunque esistere un modello 231 senza ESG.
La “normativizzazione” delle best practice in materia di principi di corretta amministrazione e adeguatezza degli assetti organizzativi, vede, infatti, il DLgs. 231/2001 quale precursore di un assetto fondato sul principio “dell’organizzazione funzionale alla prevenzione”.