La Cassazione ha contestato il parere favorevole dell’organo di controllo all’acquisto di un compendio aziendale contenente un credito inesistente

Di Maria Francesca ARTUSI

L’espressione di un parere favorevole, da parte del collegio sindacale, all’acquisto di un compendio aziendale contenente un credito inesistente può rilevare penalmente come concorso nel reato di indebita compensazione. Così la Cassazione, nella sentenza n. 40324, depositata ieri, si sofferma sulla questione della configurabilità del reato di cui all’art. 10-quater del DLgs. 74/2000 in capo ai sindaci.

I giudici di legittimità ricordano che, ai fini della partecipazione nel reato, rilevano anche le condotte di agevolazione o di mero rafforzamento della volontà dell’autore c.d. principale. In altre parole, nella disciplina prevista dagli artt. 110 e seguenti del codice penale sono ricevute e riunite tutte le diverse forme e i diversi gradi della partecipazione criminosa, indipendentemente dall’importanza di quest’ultima nella determinazione dell’evento; in particolare, vi è compresa la partecipazione morale nelle sue varie forme del mandato, dell’incitamento e del rafforzamento della volontà, e dell’agevolazione in genere.

Pertanto, il collegio sindacale di una società, e i singoli componenti di esso, secondo quanto si evince dalle disposizioni contenute nel codice civile, sono in condizione di “confortare” le scelte degli organi sociali o, al contrario, di attivarsi efficacemente per impedire le operazioni della persona giuridica, ove le ritengano illegittime. E infatti, il collegio sindacale, a norma dell’art. 2403 c.c., ha il dovere di vigilare, tra l’altro, “sul rispetto dei principi di corretta amministrazione”. I sindaci, poi, a norma dell’art. 2407 c.c., “sono responsabili della verità delle loro attestazioni” e “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”; questa responsabilità, per il richiamo effettuato dall’art. 2407 comma 3 c.c. agli artt. 23942394-bis e 2395 c.c., opera anche nei confronti dei creditori e dei terzi comunque danneggiati.

I sindaci, per di più, sono titolari di specifici poteri e facoltà per influire sulla corretta gestione della società. Essi possono: convocare l’assemblea per segnalare irregolarità di gestione (art. 2406 c.c.); far ricorso al tribunale per la riduzione del capitale sociale per perdite (artt. 2446 e 2447 c.c.); impugnare le delibere sociali ritenute illegittime (artt. 2377 e 2388 c.c.); chiedere al tribunale la nomina dei liquidatori (art. 2487 c.c.); presentare denuncia al tribunale (art. 2409 c.c.).

Per la sentenza in esame sembra quindi ragionevole concludere che il sindaco di una società, il quale esprime parere favorevole all’acquisto di un credito fiscale inesistente, o di un compendio aziendale contenente un credito fiscale inesistente, pone in essere una condotta causalmente rilevante, quanto meno in termini agevolativi, e di rafforzamento del proposito criminoso, rispetto alla realizzazione del reato di indebita compensazione commesso mediante l’utilizzo dell’indicato credito fittizio. Il presidente del collegio sindacale di una spa aveva, infatti, aderito all’adozione della delibera di acquisto di ramo di azienda di una srl, del quale faceva parte un credito IVA inesistente per un valore di quasi 6 milioni di euro; delibera poi approvata e seguita dall’utilizzazione di tale credito a fini di compensazione IRPEF e IRPEG.

Ovviamente, perché possa sussistere la responsabilità del sindaco a titolo di concorso nel reato appena indicato, occorre anche la sua colpevolezza, e, quindi, è necessario accertare che il medesimo soggetto abbia espresso il parere favorevole nella consapevolezza sia dell’inesistenza del credito fiscale, sia della strumentalità dell’acquisto di tale credito al successivo utilizzo a fini di compensazione, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/1997.

Nel caso di specie vengono evidenziati diversi indicatori di anomalia rilevanti per affermare quanto meno la sussistenza del dolo eventuale. Innanzitutto, la dimostrata inclinazione degli organi della società cedente di ricorrere al sistema dell’acquisto di “scatole” societarie contenenti crediti IVA fasulli costituiva un evidente “campanello” di allarme. A ciò si aggiunga l’espressa rinuncia all’acquisizione di documentazione che avrebbe dovuto supportare l’esistenza dell’ingente credito. Il sindaco era, inoltre, ben consapevole, nel momento in cui esprimeva parere favorevole, che l’acquisto era funzionale a ripianare la situazione debitoria della società anche sotto il profilo fiscale, come evidenziate dalle parole pronunciate in assemblea sia dal presidente del consiglio di amministrazione, sia da lui medesimo. Le motivazioni si soffermano anche su altri elementi, tra cui la percezione da parte di tale professionista di un pagamento di importo significativo, in violazione della disciplina del concordato preventivo e delle disposizioni dei commissari nominati dal giudice competente per le procedure concorsuali.

Alla luce di ciò, la Cassazione conferma le misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche e imprese o professioni per la durata di un anno.