Via libera della Camera al Ddl. relativo alla riforma della giustizia penale

Di Maria Francesca ARTUSI

Dopo il voto di fiducia, ieri la Camera, con 396 voti favorevoli, 57 contrari, 3 astenuti ha approvato in prima lettura il disegno di legge relativo alla riforma della giustizia penale. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.
Il disegno di legge (C. 2435-A) si compone di due articoli: l’art. 1 prevede una serie di deleghe al Governo, che dovranno essere esercitate entro un anno dall’entrata in vigore della legge; l’art. 2 contiene modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, immediatamente precettive.

Le deleghe si muovono tendenzialmente verso un’accelerazione del processo penale, attraverso una rimodulazione dei termini delle indagini preliminari, una deflazione delle impugnazioni, un ampio ricorso ai riti alternativi.
Uno dei temi più controversi attiene alla disciplina della prescrizione, già più volte al centro del dibattito politico negli scorsi anni e oggetto di numerose riforme (a partire dalla L. 251/2005 – ex Cirielli –, poi notevolmente rivisitata dalla L. 103/2017 – riforma Orlando – e ulteriormente aggiornata dalla L. 3/2019 – c.d. “spazzacorrotti”).

La questione della prescrizione ha interessato grandemente anche il diritto penale tributario a seguito della sentenza Taricco (sentenza dell’8 settembre 2015 relativa alla causa C-105/2014), con cui è stato sollevato il problema dell’ammissibilità o meno di una disciplina nazionale che, di fatto, ha creato nella prassi ipotesi di impunità per coloro che strumentalizzano le norme comunitarie nell’ambito dell’IVA. Da quella prima pronuncia della Corte di Giustizia sono poi conseguite diverse decisioni sia nazionali che internazionali, in gran parte oggi superate proprio dall’ultima riforma in vigore dal 2020.

Può essere utile ricordare che l’istituto della prescrizione determina l’estinzione del reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo e, in quanto tale, attiene al diritto penale c.d. sostanziale sebbene inscindibilmente legato alle tempistiche processuali.

La riforma contenuta nel disegno di legge in esame fa in parte leva sugli aspetti maggiormente procedurali per contemperare gli attuali limiti alla prescrizione con dei termini di improcedibilità previsti in grado di appello e di cassazione (non senza alcune perplessità sollevate da parte di insigni processual-penalisti).
L’art. 2 comma 1 interviene con disposizioni immediatamente prescrittive sulle disposizioni del codice penale che disciplinano la prescrizione dei reati (artt. 159160 e 161 c.p.).

Da un lato, viene confermata la previsione, introdotta con la L. 3/2019, secondo la quale il corso della prescrizione del reato resta bloccato con la sentenza di primo grado, sia che si tratti di assoluzione che di condanna; salvo alcuni limiti introdotti in caso di decreto penale di condanna e in caso di annullamento della sentenza.
D’altra parte, i commi 2-6 del medesimo articolo modificano alcune norme del codice di rito introducendo l’istituto dell’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione (nuovo art. 344-bis c.p.p.).

Nella stessa disposizione vengono previste proroghe per determinate ipotesi e per reati di particolare gravità.
La questione in gioco è chiara: l’esigenza di una giustizia effettiva, da un lato, e il principio della ragionevole durata del processo, dall’altro.

Tornando quindi a un focus sui reati fiscali, tali disposizioni vanno combinate con l’art. 17 del DLgs. 74/2000, che dispone che i termini per i delitti tributari previsti dall’art. 2 all’art. 10 del DLgs. 74/2000 siano elevati di un terzo rispetto a quanto previsto dal codice penale. Pertanto per tutte le fattispecie di reati dichiarativi, per il reato di emissione di fatture (o altri documenti) per operazioni inesistenti e per quello di occultamento o distruzione di documenti contabili il termine base va calcolato aumentandolo di un terzo rispetto alle pene previste per ogni singola fattispecie (e come oggi risultano aumentate dal DL 124/2019).

Su questo regime divenuto alquanto severo (e da più parti criticato per una sproporzione rispetto ai principi del giusto processo così come delineato dall’art. 111 Cost.) si innesterà ora il sistema di improcedibilità sopra accennato, che sarà applicabile ai soli procedimenti di impugnazione che hanno a oggetto reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020.