Assonime ha pubblicato gli esiti di un’indagine sullo stato di attuazione della disciplina

Di Maria Francesca ARTUSI

È stato pubblicato ieri un documento di Assonime intitolato “L’Organismo di Vigilanza nella prassi delle imprese a vent’anni dal d.lgs. 231/2001” (Note e Studi n. 10/2021).
Si tratta degli esiti di un’indagine sullo stato di attuazione della disciplina, con specifico riguardo all’Organismo di vigilanza e al ruolo da questo assunto nel sistema dei controlli societari.

Lo scopo è quello di comprendere come sia stata applicato nei venti anni di vigenza il DLgs. 231/2001, che ha visto allungare l’elenco dei reati presupposto e una sola modifica all’impianto iniziale, che ha riguardato proprio il tema dei controlli, con l’opzione per le società di affidare la funzione dell’organismo di vigilanza al collegio sindacale (art. 6 comma 4-bis del DLgs. 231/2001).

Emerge da questa analisi il valore di prassi e giurisprudenza come diritto vivente, in una materia, quale quella della responsabilità amministrativa dell’ente, che non necessita di rigidi parametri normativi, ma che, per essere efficace, deve essere adattata alla realtà della singola impresa.
In quest’ottica – prosegue Assonime – le buone prassi rappresentano anche un punto di riferimento utile qualificato per le imprese, i giudici e tutti gli operatori che si confrontano con la disciplina 231 in una visione più matura delle cautele organizzative in funzione di prevenzione dei reati.

Va precisato che l’indagine di Assonime è stata condotta su un campione di 226 società emittenti titoli quotati sul mercato regolamentato gestito da Borsa italiana. Si tratta di imprese di dimensioni medio-grandi, articolate in organizzazioni di gruppo, che operano in settori eterogenei, sensibili al profilo reputazionale e che investono in sistemi di compliance e controllo avanzati, allineati alle migliori prassi nazionali e interna. Essa, tra l’altro, si inserisce nell’ambito di un ampio progetto di ricerca promosso dalla Fondazione Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale (CNPDS).

L’attenzione si concentra su cinque profili relativi alla figura dell’Organismo di vigilanza: nomina e composizione; requisiti, revoca, ineleggibilità e decadenza; compiti e funzioni; rapporto tra gli OdV nei gruppi d’impresa; whistleblowing.

Interessante è la consapevolezza che il modello organizzativo – finalizzato all’esonero di responsabilità dell’impresa – costituisce un elemento centrale e qualificato del sistema di controllo interno e del più generale sistema di gestione dei rischi della grande impresa. L’Organismo di vigilanza, quale funzione deputata al controllo sul modello, è elemento imprescindibile per garantire efficace attuazione alle scelte organizzative in funzione di prevenzione dei reati. Ciò si inserisce in quella prospettiva più volte ripresa anche su Eutekne.info, per cui la compliance 231 rappresenta “una declinazione del generale parametro di adeguatezza organizzativa, assunto dalla riforma del diritto societario del 2003 come canone della corretta amministrazione e criterio di valutazione delle responsabilità degli organi sociali”.

Alla luce di recenti e rigorose sentenze sul ruolo dell’Organismo di vigilanza, appare utile la sottolineatura – una volta di più – secondo cui non è configurabile “una responsabilità penale dei membri dell’OdV per omesso impedimento di reati 231, non essendo ad essi riconosciuti dalla legge poteri impeditivi dell’evento”.

Come evidenziato anche nella versione aggiornata al giugno 2021 delle Linee Guida di Confindustria, particolare rilievo pratico assume la tematica dell’attuazione nei gruppi, priva di un riferimento normativo chiaro. I dati disponibili non sono molti e la maggior parte delle società intervistate che appartengono a gruppi ha dichiarato che è difficile ancora assicurare un’adeguata compliance 231 a livello di gruppo, soprattutto nelle multinazionali con sedi estere in ordinamenti in cui non è prevista una disciplina analoga a quella italiana.

Altro elemento chiave è rappresentato dai flussi informativi. Una best practice rilevata dall’indagine è quella seguita da alcune società che adottano strumenti digitali a supporto dell’attività dell’OdV (software gestione dati e flussi, piattaforme), volti a favorire l’interazione tra soggetti deputati al controllo e un’informativa costantemente aggiornata, tracciabile e trasparente.

Con riferimento al whistleblowing viene invece condivisibilmente evidenziato come non tutte le segnalazioni che vengono effettuate all’OdV siano da considerare rilevanti ai fini della disciplina di cui alla L. 179/2017: “sarebbe, dunque, buona prassi prevedere un diverso trattamento e distinguere i canali di segnalazione”.