In audizione, il CNDCEC ha avanzato alcune proposte, tra cui azioni combinate per promuovere le aggregazioni anche con agevolazioni fiscali

Di Redazione EUTEKNE

La pandemia ha creato un “profondo shock nel sistema professionale italiano” e urgono misure di sostegno “che aiutino il settore a venir fuori da una situazione che a breve potrebbe rivelarsi molto preoccupante”.
È questa, in sintesi, la posizione del CNDCEC, espressa ieri in audizione alla Commissione Lavoro della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro.

Come affermato da Roberto Cunsolo, Tesoriere del Consiglio nazionale con delega al lavoro, l’emergenza da COVID-19 ha agito “su un quadro economico già pesantemente compromesso dalle conseguenze della crisi economico e finanziaria dell’ultimo decennio” e avuto un impatto negativo “non solo per gli effetti comuni a tutto il mondo del lavoro autonomo e delle partite IVA che hanno subito con maggiore violenza e gravità le conseguenze del crollo dei redditi causato dalle varie misure di lockdown, ma anche per l’effetto combinato di specifiche situazioni che, nel caso dei commercialisti in maniera ancora più peculiare, hanno influenzato profondamente lo svolgimento dell’attività professionale con ricadute significative anche in termini di salute del singolo professionista oltre che in termini di equilibrio economico-finanziario e familiare”.

La categoria ha avanzato diverse proposte di intervento, ritenendo prima di tutto “dirimente” avviare azioni combinate per promuovere le “aggregazioni tra professionisti, anche attraverso la previsione di agevolazioni fiscali. Nelle forme di «sodalizio» professionale – ha spiegato Cunsolo – sono oggi riposte le migliori aspettative di rilancio del comparto, all’insegna della diminuzione delle disparità geografiche, anagrafiche e di genere”.

Sono poi richieste misure che “incentivino l’avvio alla professione di giovani e donne e che equiparino i professionisti alle PMI per l’accesso agli incentivi e ai crediti di imposta”.

Altro tema centrale è l’introduzione dell’equo compenso per salvaguardare il lavoro professionale soprattutto dei giovani e dei professionisti che hanno una condizione reddituale più debole, oltre alla necessità di “strumenti di welfare, con l’istituzione di un ammortizzatore sociale che assicuri una protezione ai lavoratori autonomi analoga a quella dei lavoratori dipendenti e l’implementazione del sistema di politiche attive tramite incentivi e voucher formativi per la formazione professionale continua, finalizzata alla qualificazione e riqualificazione professionale, e l’istituzione di corsi di specializzazione concordati con gli Ordini”.

Passando a un’analisi dello scenario e al trend decennale post crisi economico-finanziaria, nel corso dell’audizione i commercialisti, dopo aver sottolineato che la contabilità macroeconomica del 2020, primo anno dell’era pandemica, presenta “numeri impressionanti fortemente eterogenei da un settore all’altro”, hanno spiegato che, dal 2007 al 2019, il valore aggiunto pro capite è cresciuto dello 0,9%, quello dell’industria è aumentato del 13,8%, mentre quello dei servizi è rimasto quasi invariato con una leggera riduzione (-0,2%). La branca delle “Attività professionali, scientifiche e tecniche” ha invece subito un vero e proprio crollo con un calo a due cifre pari a -12,5%.
“A parità di input di lavoro – ha detto Cunsolo – le attività professionali, a dieci anni dalla crisi, producono mediamente molto meno rispetto a prima. Si è verificato un vero e proprio depauperamento del comparto, soprattutto della sua capacità di generare valore aggiunto”.

Inoltre, dal 2008 al 2019 il Pil nominale è cresciuto del 9,3%, mentre il reddito professionale medio è cresciuto dell’1,9%. Il Pil reale, calcolato cioè a prezzi costanti, è diminuito del 2,9%, mentre il reddito professionale reale è diminuito del 10,8%.

Il Tesoriere del CNDCEC ha anche ricordato che “al 14 aprile 2020, i commercialisti che hanno fatto domanda per l’indennità di 600 euro legata all’emergenza COVID sono stati il 38,8% degli iscritti. Sarebbero stati di più senza i paletti d’accesso fissati dalla norma”.

“È evidente – ha concluso – come la pandemia abbia impattato su un settore già molto provato e nel quale le disparità di genere, di età e territoriali tendono ad acuirsi”. Il quadro è reso “ancor più allarmante per la perdita di posti di lavoro e la chiusura di molte aziende nei vari comparti produttivi a partire da quelli più colpiti dalla crisi COVID-19. Oltre i due terzi dei compensi professionali derivano dall’attività ordinaria di assistenza e consulenza alle PMI italiane. Per la professione e per la tenuta complessiva del sistema imprenditoriale preoccupano molto le previsioni di aumento significativo di PMI con un’alta probabilità di default a dodici mesi lanciato da un recente rapporto Confindustria-Cerved”.