Talvolta il limite del 75% proprio delle spese di vitto e alloggio non opera

Di Luca FORNERO

All’interno del rigo RE17 del modello REDDITI, il professionista deve indicare i costi di formazione sostenuti nel periodo d’imposta di riferimento, distinguendoli, in relazione alla loro tipologia, tra i vari campi presenti.
È vero che, in virtù della situazione di emergenza sanitaria in corso da marzo dello scorso anno, nel 2020 gli incontri di formazione sono stati seguiti per lo più a distanza, ma vale comunque la pena riepilogarne la disciplina alla luce degli aspetti ancora dubbi.

In particolare, dal 2017, le spese per l’iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale, nonché le spese di iscrizione a convegni e congressi, comprese quelle di viaggio e soggiorno, sono integralmente deducibili entro il limite annuo di 10.000 euro (art. 54 comma 5 del TUIR).

La legge non specifica espressamente la nozione di soggiorno.
In assenza, a quanto ci consta, di chiarimenti di fonte ufficiale, si ritiene che vi rientrino le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande. Tali oneri, quindi, ove sostenuti nell’ambito di corsi di formazione, divengono deducibili per intero, ferma restando la suddetta soglia massima di 10.000 euro.

Il concetto di soggiorno, inoltre, sembra evocare quello di trasferta (cfr. DM 4 agosto 2011, relativo al rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno sostenute dagli amministratori locali in occasione delle missioni istituzionali), con la conseguenza che le spese di vitto afferenti ad un convegno che si tiene nel medesimo ambito territoriale in cui il professionista svolge la propria attività dovrebbero essere deducibili al 75% e nei limiti del 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.
Sempre stando al citato DM 4 agosto 2011, tale ambito territoriale dovrebbe essere identificato nel Comune sede dell’attività professionale.
In tale ultima ipotesi, stando alle istruzioni, le spese di vitto e alloggio andrebbero indicate nella colonna 1 (“Spese alberghiere, alimenti e bevande”) del rigo RE17.

Dalle istruzioni, parrebbe quindi di capire che i costi di vitto e alloggio sono deducibili senza sottostare al limite del 75% se implicano una “trasferta” del professionista atta a consentirne la partecipazione all’evento formativo. Diversamente, ove il corso o convegno fosse seguito, ad esempio, nel medesimo Comune (ammesso che sia questo l’ambito territoriale rilevante) in cui il professionista svolge la propria attività, le spese alberghiere e di ristorazione soggiacerebbero al predetto limite di deducibilità.

Considerando un professionista con spese di convegnistica, sostenute nel 2020, pari a 2.000 euro, è deducibile l’intero importo di 2.000 euro.
Sul presupposto che siano state sostenute anche spese di vitto e alloggio pari a 300 euro (tutte relative a corsi seguiti dal professionista in un Comune differente da quello nel quale svolge la propria attività), il rigo RE17 andrebbe compilato indicando sia nella colonna 2 (“Spese formazione”), sia nella colonna 4 (“Ammontare deducibile”) 2.000 euro.
In questo caso, le spese di vitto e alloggio non devono essere indicate nella colonna 1, atteso che, stando alle istruzioni, in tale rigo vanno esposti solo i costi sottoposti al limite di deducibilità del 75%.

Qualora, invece, i corsi fossero stati seguiti nello stesso Comune di esercizio dell’attività, alla luce dei dati sopra riportati il rigo RE17 andrebbe compilato riportando:
– nella colonna 1, 225 euro (cioè, il 75% di 300);
– nella colonna 2, 1.925 euro (vale a dire, i costi di formazione, oltre a quelli di vitto e alloggio parzialmente deducibili);
– nella colonna 4, l’ammontare deducibile, cioè 1.925 euro.

Da ultimo, si rammenta che, nell’ipotesi di studi associati e associazioni tra professionisti, la soglia di 10.000 euro deve essere riferita a ciascun socio o associato (cfr. le istruzioni al modello REDDITI SP).
Considerando un’associazione professionale con spese di convegnistica, sostenute nel 2020, pari a 20.000 euro, detto importo è interamente deducibile a condizione che, per singolo socio o associato, non vengano superati i 10.000 euro.