Soglia di punibilità da calcolare a prescindere dalla singola annualità

Di Maria Francesca ARTUSI

La condotta di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte va valutata in modo unitario, tenendo presente il disegno complessivo con cui i singoli atti vengono posti in essere. Inoltre, la soglia di punibilità va calcolata con riferimento al debito erariale complessivo e non rispetto alle singole annualità.
Così la sentenza n. 16686 della Corte di Cassazione, depositata ieri, ha annullato il provvedimento con cui era stata revocata la misura cautelare degli arresti domiciliari a un soggetto imputato per il reato previsto dall’art. 11 del DLgs. 74/2000.

Il Tribunale aveva, infatti, escluso la sussistenza del reato sul presupposto che “non possono qualificarsi come fraudolente la operazioni bancarie in quanto tracciabili e ricostruibili”. L’accusa si sofferma, invece, sullo stratagemma adottato, consistito nel far apparire che alcune ditte fossero di proprietà di altri, mentre erano gestite da un unico soggetto, che ne percepiva gli utili attraverso il sistematico svuotamento delle casse sociali mediante centinaia di bonifici in favore di conti correnti di cui aveva la disponibilità, da cui provvedeva a prelevare denaro contante ovvero a effettuare ulteriori bonifici verso conti correnti accesi in Cina. Tale meccanismo ha comportato la rappresentazione di una realtà non rispondente al vero, impedendo all’Agenzia delle Entrare di individuare il reale contribuente e, quindi, di procedere, anche in maniera forzata, alla riscossione del credito; il che integra la sussistenza del delitto in esame.

L’art. 11 del DLgs. 74/2000 sanziona, nell’ipotesi di cui al comma 1, la condotta di chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a 50.000 euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, applicandosi una pena edittale più elevata laddove l’ammontare delle imposte, degli interessi e delle sanzioni sia superiore a 200.000 euro.

Con riguardo, in particolare, alla nozione di “atti fraudolenti” devono ritenersi tali tutti quei comportamenti che, quand’anche formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio, dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione (Cass. n. 29636/2018).
Per “atto fraudolento” deve perciò intendersi qualsiasi atto, connotato da una componente di artificio, inganno o menzogna, che sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio, o comunque rendendo più difficoltosa, l’azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell’Erario.

In altre parole, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei a eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando siano connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, così mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo più difficoltosa la procedura di riscossione coattiva (Cass. n. 35983/2020).

In tale prospettiva, la soluzione interpretativa seguita dal giudice di merito, nel caso di specie, restringe indebitamente la nozione di “atto fraudolento”, per molti aspetti travisandola, “in quanto confonde la nozione di fraudolenza con quella di illiceità dell’atto e, per di più, ponendo l’accento, in maniera atomistica, solo su una singola condotta (ossia lo svuotamento dei conti correnti sociali, avvenuto mediante bonifici, e quindi con modalità tali da consentirne la tracciabilità), la quale, invece, deve essere valutata unitamente a tutte le altre, nel loro collegamento finalistico e nella sequenza funzionale, sicché la verifica della fraudolenza va effettuata avendo a mente di tutte le condotte realizzate che vanno a comporre l’intero meccanismo”.

Viene, poi, precisato dalla sentenza in commento che, a differenza di altre fattispecie delittuose racchiuse nel DLgs. 74/2000, la fattispecie in esame non prevede affatto che la soglia di penale rilevanza sia raggiunta per singole annualità, come invece è contemplato dagli artt. 4 e 5, ove vi è il riferimento a “singole imposte”, ovvero in relazione a “ciascun periodo di imposta” o all’importo annuo, secondo la previsione degli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater del medesimo decreto.

Ciò, del resto, è pienamente in linea con la struttura e la ratio dell’incriminazione: il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è reato di pericolo per il quale è richiesta soltanto l’esistenza di un credito erariale relativo, per capitale e/o interessi o sanzioni, a imposte sui redditi o sul valore aggiunto, suscettibile di essere azionato coattivamente. Lo scopo dell’incriminazione, pertanto, è quello di tutelare la garanzia patrimoniale offerta al Fisco e, con essa, l’azionabilità della pretesa dell’Erario, purché superiore a 50.000 euro, risultante al momento del compimento dell’atto simulato o fraudolento, indipendentemente dal fatto che il debito tributario sia maturato con riferimento a una o a più annualità di imposta.