Possibile richiedere documentazione anche molto risalente

Di Maurizio MEOLI

Il Tribunale di Roma, nel provvedimento del 27 luglio 2020, ha precisato che il diritto riconosciuto dall’art. 2476 comma 2 c.c. – di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione – è manifestazione di una prerogativa necessariamente attribuita al socio (anche nudo proprietario) non amministratore di srl dalla legge e inerente al suo status, non solo in funzione dei suoi diritti individuali, ma anche di quelli collettivi a una corretta amministrazione societaria; laddove l’esercizio, da parte dell’usufruttuario, dei diritti amministrativi correlati alla partecipazione sociale è funzionale a soddisfare gli interessi a esso propri, relativi alla redditività delle quote, di per sé “esterni” e non necessariamente coincidenti con quelli del socio e della compagine sociale.
Tale potere di controllo, quindi, non può essere limitato o escluso nei confronti del socio nudo proprietario, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 2352 comma 6 e 2471-bis c.c., neppure in conseguenza della costituzione sulla quota di un diritto di usufrutto (si veda “Il nudo proprietario non può perdere il diritto di controllare la srl” del 3 aprile).

Rispetto a tale diritto di controllo, il provvedimento ricordato ha anche stabilito che, in caso di richiesta di esercizio in via cautelare, è inammissibile un ricorso proposto ante causam, ex art. 700 c.p.c., senza alcuna indicazione della successiva, eventuale, instauranda azione di merito. Peraltro, il predetto requisito non può interpretarsi in termini strettamente formalistici, imponendo al ricorrente di indicare, in maniera espressa, gli estremi della futura domanda di merito, precisandone finanche le relative conclusioni. Ciò che rileva, piuttosto, è che sia possibile dedurre chiaramente, dal tenore complessivo del ricorso, il contenuto del possibile giudizio di cognizione, senza necessità di un’indicazione testuale e analitica delle richieste da proporsi successivamente in detta sede.

Il diritto del socio all’informazione e alla consultazione della documentazione societaria, quale strumento essenziale con cui si realizza il controllo sulla gestione dell’impresa, non può ritenersi soggetto ad alcun limite temporale, potendo essere esercitato in ogni momento, per tutto il periodo in cui perdura il rapporto associativo (cfr. Cass. n. 1185/2020). L’art. 2476 comma 2 c.c., infatti, prevede una potestà (o facoltà) espressione stessa dello status di socio, con la conseguenza che, non essendo prescrittibile detto status, non può reputarsi suscettibile di prescrizione la potestà (o facoltà) che è sua tipica espressione in ambito gestorio. In ragione di ciò, va, dunque, escluso che il diritto fatto valere possa considerarsi (sia pure solo in parte) prescritto perché avente a oggetto (anche) documentazione risalente.
In particolare, deve escludersi che la pretesa esercitata non possa riguardare documentazione risalente a cinque anni anteriori alla richiesta, in applicazione dell’art. 2949 c.c.

Il diritto del socio di accedere alla documentazione sociale non subisce alcuna limitazione, se non quella derivante dal necessario perseguimento delle finalità informative a esso sottese (a meno che la pretesa non sia in modo palese diretta a ostacolare l’ordinario sviluppo dell’attività della società).
La società, e per essa il suo amministratore, quindi, non può subordinare l’accoglimento della richiesta all’indicazione, da parte del socio, dei motivi dell’accesso. Né la mancata specificazione degli stessi, e il conseguente preteso carattere “esplorativo” della richiesta, può costituire un sintomo della natura emulativa della domanda di accesso (cfr. Trib. Firenze 28 gennaio 2020); e neppure l’esistenza di documentati dissidi familiari vale, di per sé, a connotare la richiesta di accesso ai documenti sociali di chiari intenti vessatori o abusivi, ben potendosi ritenere che anche una divergenza del socio in ordine alle scelte gestorie compiute dall’amministratore possa giustificare l’esercizio del potere di vigilanza, al fine di verificare se le medesime siano risultate effettivamente rispondenti ai fini sociali.

Inoltre, il diritto di controllo non è inibito dalla circostanza che il socio sia già a conoscenza di determinate vicende sociali, ove emerga comunque l’interesse a consultare la relativa documentazione sociale.

Quanto, infine, al presupposto del periculum in mora, ai fini dell’esercizio in via cautelare del diritto in questione, deve ritenersi che l’ingiustificato e perdurante procrastinarsi di ostacoli all’accesso alla documentazione sociale valga, di per sé, a integrarlo (cfr. Trib. Roma 20 gennaio 2020). Un tale requisito risulta di per sé connaturato all’esigenza di controllo del socio rispetto alla concreta evoluzione delle vicende sociali; esigenza inevitabilmente frustrata dai tempi del giudizio ordinario rispetto al pregiudizio potenzialmente derivante, in via immediata, da errate condotte gestorie della società (cfr. Trib. Milano 26 luglio 2019).