Riconfermata la validità della prassi nazionale nonostante le regole unionali

Di Emanuele GRECO e Simonetta LA GRUTTA

Con la risposta n. 141/2021 di ieri, l’Agenzia delle Entrate si è nuovamente espressa in merito alle modalità di prova del trasporto o spedizione dei beni dall’Italia in un altro Stato membro, in occasione di una cessione intra-Ue di beni mobili, confermando i precedenti orientamenti.

Nel caso esaminato, il trasporto dei beni all’estero è effettuato secondo diverse modalità: talvolta è a cura della società cedente (o di un terzo per suo conto), altre volte è a cura dei cessionari Ue (o di terzi per loro conto).
A sostegno dell’applicazione del regime di non imponibilità, di cui all’art. 41 comma 1 del DL 331/93 all’operazione di cui trattasi, la società cedente ha implementato una procedura di conservazione della documentazione contabile e fiscale finalizzata ad attestare l’effettiva movimentazione dei beni dall’Italia a un altro Stato membro mediante il seguente set documentale:
– fattura di vendita emessa nei confronti del cliente Ue;
– elenchi riepilogativi recanti le cessioni intraunionali effettuate;
– rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce;
– copia del contratto o dell’ordine/conferma di vendita o di acquisto dai quali risultino gli impegni assunti con il cliente o gli accordi presi per corrispondenza con indicazione della destinazione dei beni;
– DDT emesso dal cedente italiano con indicazione della destinazione dei beni, normalmente firmato dal trasportatore per presa in carico della merce;
– documento di trasporto CMR firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta.

La descritta procedura si applica a prescindere dalla circostanza che il trasporto sia curato dal cedente nazionale o dal cessionario Ue (o da terzi per loro conto), con l’unica accortezza di conservare, nel primo caso, anche la fattura del vettore incaricato della consegna e la documentazione comprovante il pagamento del corrispettivo pattuito per il trasporto delle merci.

Inoltre, considerata la difficoltà nel recupero del CMR firmato anche dal destinatario dei beni, per avvenuta ricezione degli stessi, è stata implementata una particolare procedura di attestazione da parte del cessionario che confermi l’avvenuta ricezione della merce nello Stato membro di destinazione.

Detta attestazione, controfirmata e timbrata dal cessionario, reca tra l’altro: l’identificativo e il numero di partita IVA del cessionario; il numero della fattura di vendita, oltre che la data e l’importo della stessa, l’indicazione del peso del materiale ricevuto, nonché una specifica dichiarazione del cliente il quale “conferma la ricezione e la consegna dei beni relativi alla sopra menzionata fattura”.

La società istante ha chiesto conferma della liceità della procedura in considerazione delle disposizioni dell’art. 45-bis del Regolamento Ue n. 282/2011, efficaci dal 1° gennaio 2020, che hanno uniformato le regole in materia di prova dell’avvenuto trasporto in relazione alle cessioni intra-Ue, introducendo una presunzione relativa.

L’Agenzia delle Entrate, conferma quanto espresso con la circolare n. 12 del 12 maggio 2020, ossia che può continuare ad applicarsi la prassi nazionale emanata anteriormente alle norme regolamentari unionali, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione contenuta in queste ultime disposizioni.

In particolare, l’Amministrazione finanziaria, con la risposta a interpello n. 100/2019, richiamando la precedente ris. n. 19/2013, già aveva riconosciuto la validità, ai fini della prova delle cessioni intracomunitarie “franco fabbrica” (EXW), dell’utilizzo del CMR elettronico unitamente a un insieme di documenti dal quale si possono ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore, e cessionario). Tali documenti, per essere idonei a fornire la prova della cessione, secondo l’Agenzia, devono essere “conservati congiuntamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle predette cessioni, alla documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e agli elenchi Intrastat”.

Si rammenta che, facendo riferimento alla prassi nazionale emanata in materia, ai fini di provare l’avvenuto trasporto in un altro Stato membro, resta ferma la valutazione, caso per caso, da parte dell’Amministrazione finanziaria.