Va specificato in che misura il ricorrente ha contribuito alle condotte fraudolente, di cui si deve indicare epoca, tipologia e destinazione illecita

Di Maria Francesca ARTUSI

Sul tema del concorso del consulente legale o societario nei reati di bancarotta si trova molta giurisprudenza. Interessante è, tuttavia, vedere che la Corte di Cassazione precisa – nella pronuncia n. 6164 depositata ieri – che da tale responsabilità non può derivare “automaticamente” per il medesimo consulente una contestazione per il reato tributario di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, così come previsto dall’art. 11 del DLgs. 74/2000.

Si trattava qui di un ricorso relativo aduna serie di provvedimenti di sequestro in via diretta, della somma di 197.746 euro (eventualmente giacenti su conti bancari intestati e/o comunque riconducibili allo stesso) e, per equivalente, fino a concorrenza della somma di 4.585.545,80 euro, su titoli, beni mobili, beni mobili registrati o immobili nella disponibilità di un avvocato civilista che curava la consulenza legale delle società riconducibili a una famiglia che possedeva diverse srl, poi fallite.

A costui si contestava di avere concorso, unitamente al consulente contabile delle medesime società, alle distrazioni e al compimento delle operazioni dolose che hanno portato al depauperamento e al loro fallimento, nonché di essere stato ideatore di atti fraudolenti volti a rendere inefficace l’attività di riscossione coattiva del Fisco rispetto a una pluralità di debiti erariali di tali società, avvenendo ciò mediante complesse operazioni commerciali di trasformazione societaria, il cambio di sede legale e la nomina, quali meri prestanomi, di nuovi amministratori o liquidatori.
Inoltre, secondo l’impostazione accusatoria recepita in sede cautelare e confermata dal Tribunale del riesame, l’avvocato aveva concorso nelle falsificazioni dei bilanci di una di tali srl.

I giudici di legittimità ricordano, innanzitutto, un consolidato principio di diritto secondo cui concorre in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero ancora svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso.
Viene, viceversa, esclusa la validità del sequestro per la parte relativa al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del DLgs. 74/2000).

La Cassazione contesta il fatto che nelle motivazioni dei giudici di merito si parla genericamente di “una serie di atti fraudolenti finalizzati a rendere inefficace l’attività di riscossione coattiva conseguente alla verifica fiscale della Guardia di Finanza”, ma tale dizione non consente di comprendere né quali siano in concreto questi atti, né, di conseguenza, in cosa si sarebbe manifestato il contributo del consulente.

Il comprovato ruolo dell’avvocato quale consulente legale e gestore di fatto delle aziende sotto il versante operativo può essere ritenuto idoneo a giustificare (almeno in fase cautelare, salvo poi più approfondite prove nel corso del procedimento vero e proprio) un coinvolgimento dello stesso nel compimento delle iniziative aziendali rivelatesi prodromiche al fallimento, allo svuotamento delle casse societarie, alla falsificazione e all’occultamento delle scritture contabili.
Viceversa tale ruolo non può essere ritenuto sufficiente per addebitare a costui la realizzazione delle attività funzionali alla sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, dovendosi in tal caso specificare in che misura il ricorrente abbia contribuito a tali condotte fraudolente, di cui appare necessario specificare l’epoca, la tipologia e la destinazione illecita.

Può essere utile ricordare che tale reato tributario punisce chi, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a 50.000 euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.

In definitiva, non è possibile – specifica la sentenza in commento – ricondurre a un soggetto, solo perché avvocato civilista della società, tutte le eventuali operazioni negoziali suscettibili di incidere sull’astratta possibilità di riscossione coattiva del Fisco. Per tale ragione il sequestro viene annullato per un nuovo esame dei giudici di merito.