Ma restano le questioni aperte per le compagini che presentano simultaneamente soci qualificati e non qualificati

Di Gianluca ODETTO

Pur se mancano ancora quasi due anni al termine del periodo transitorio stabilito dall’art. 1 comma 1006 della L. 205/2017, è opportuno iniziare a valutare quale sia la migliore pianificazione da attuare per le società che hanno utili pregressi, formatisi sino al 2017, i quali continuano a beneficiare in capo alle persone fisiche titolari di partecipazioni qualificate di un regime più favorevole all’atto della distribuzione.

Per le società con soci qualificati che chiudono il 2020 con un utile, l’opzione di accantonare lo stesso a riserva e di distribuire le riserve pregresse risulta una scelta che determina un vantaggio sia dal punto di vista materiale (la tassazione effettiva è inferiore al 26%, in special modo se la società ha a disposizione utili che concorrono alla formazione del reddito del socio nel limite del 40%), sia dal punto di vista finanziario (la tassazione in dichiarazione è posticipata di un anno rispetto a quella con ritenuta a titolo d’imposta).

La valutazione continua, però, a presentare incertezze nelle tantissime compagini in cui vi sono contemporaneamente soci qualificati e soci non qualificati (ad esempio, un socio con il 50% con i tre figli che si spartiscono in parti uguali il rimanente 50%).

Se si ipotizza, ad esempio, la presenza di una riserva straordinaria di 500.000 euro formatasi per metà sino al 2007 e per metà tra il 2008 e il 2017, la distribuzione continua ad essere regolata, in virtù del richiamato regime transitorio della L. 205/2017, dall’art. 1 comma 4 del DM 26 maggio 2017, a norma del quale gli utili si considerano “attinti” in modo prioritario dalla parte a minore tassazione (nel caso specifico, quella ante 2008). Rimane però il problema dell’applicazione di questo principio per masse o in via analitica, non nuovo ma amplificato dalla futura scadenza del regime transitorio.

In numeri, se la società decidesse di distribuire gli utili nel 2021 limitatamente all’importo di 250.000 euro e venisse adottato un approccio per masse, sarebbero attribuiti ai soci (nel loro complesso) tutti gli utili formatisi sino al 2007, andandosi così ad esaurire il relativo basket: il socio qualificato beneficerebbe della tassazione sul 40% delle somme ricevute, ma i soci non qualificati subirebbero comunque la ritenuta a titolo d’imposta del 26% (operata in modo indipendente dall’anzianità delle riserve).

Una seconda distribuzione straordinaria effettuata, ad esempio, nel 2022 sempre per 250.000 euro si dovrebbe considerare attinta dagli utili prodotti tra il 2008 e il 2017, per cui il socio qualificato sconterebbe l’IRPEF sul 49,72% o sul 58,14% delle somme (con un livello impositivo non dissimile da quello della ritenuta del 26%) e il socio non qualificato continuerebbe a subire la ritenuta.

Tutt’altra situazione si avrebbe se, invece, si potessero presumere distribuiti a ciascuna delle due categorie di soci utili con una specifica anzianità. Così facendo, ad esempio, nella prima distribuzione al socio qualificato si attribuirebbero 125.000 euro di riserve formate sino al 2007 e ai soci non qualificati riserve formate tra il 2008 e il 2017, e nella seconda altrettanto (a differenza del caso precedente, il basket degli utili ante 2008 sarebbe ancora capiente al momento della seconda distribuzione).

Il vantaggio di questa impostazione è evidente, in quanto così operando il socio qualificato potrebbe sfruttare in modo pieno il beneficio, il quale sarebbe invece più contenuto se si ragionasse per masse.
Quella che potrebbe a prima vista essere una pianificazione “aggressiva”, in realtà, ha un avallo espresso dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 26/2009, in cui si chiarisce che la presunzione di distribuzione prioritaria delle riserve di più antica formazione non vale per i soci diversi dalle persone fisiche “qualificate”, dalle imprese individuali e dalle società di persone.

Il documento evidenziava il principio con riferimento alle società comunitarie escluse dal regime “madre-figlia” ed incise quindi dalla ritenuta a titolo d’imposta dell’1,375% (oggi 1,20%), ma potrebbe essere esteso, per ragioni di “omogeneità”, a tutti i casi in cui la fiscalità del percipiente non è influenzata dall’anzianità dell’utile, e quindi in primis alle persone fisiche titolari di partecipazioni non qualificate, ma anche alle società di capitali e agli altri soggetti non residenti.

Questa argomentazione era stata a suo tempo posta da Assonime nella circolare n. 20/2010, la quale evidenziava in modo opportuno nella nota 17 la necessità di non indicare nella delibera di distribuzione l’anzianità della riserva, posto che in caso contrario tutta la parte distribuita della riserva stessa sarebbe stata attribuita a tale basket (es. “ante 2008”); nell’attuale contesto si tratta però di una questione da valutare in modo molto oculato se vi sono riserve formate dopo il 2017, per le quali la tassazione avviene – anche per i soci qualificati – con ritenuta: se ciò avviene, una soluzione di compromesso sarebbe quella di indicare nella delibera che si distribuisce la parte della riserva formata sino al 2017, senza ulteriori specificazioni di sorta, in modo tale da attivare la presunzione del DM 26 maggio 2017.

La stessa Assonime era però ritornata sul punto nella circolare n. 15/2011, in cui si riteneva la “consumazione per masse” una soluzione più logica sia perché, con particolare riferimento alle società quotate, la “segmentazione” avrebbe livelli di complessità enormi, sia perché la “consumazione” delle riserve più vecchie si verificherebbe comunque.

Nell’attesa che si formino i dovuti orientamenti sul tema, si può solo segnalare che le difficoltà pratiche per le società quotate non sussistono nelle società a ristretta base, dove le movimentazioni dei basket possono essere facilmente monitorate ed esposte in dichiarazione, e che la seconda argomentazione della circ. 15/2011 sembra invece venir meno in virtù del passaggio, dal 2023, di tutte le riserve al regime di tassazione con ritenuta e della conseguente necessità, per i soci qualificati, di non perdere i vantaggi acquisiti.