Integrativa non intaccata dalla legislazione emergenziale
Il 24 dicembre l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta interpello 620, in cui è stato affermato che la proroga al 2021 dei termini di accertamento in scadenza a fine anno non trova applicazione per le dichiarazioni integrative.
Di norma, come sancisce l’art. 2 del DPR 322/98, la dichiarazione integrativa (a favore del contribuente oppure a sfavore dunque presentata in occasione del ravvedimento operoso) va presentata entro gli ordinari termini di decadenza dal potere di accertamento.
A nostro avviso, dovrebbe essere pacifico che se i termini vengono sospesi o prorogati, ciò ha immediato riflesso ai fini dell’integrativa.
In ragione dell’emergenza epidemiologica che ha caratterizzato l’anno 2020, sono state previste diverse proroghe a favore del contribuente e in special modo dell’Erario.
Per quanto ci riguarda bisogna considerare l’art. 157 comma 1 del DL 34/2020, secondo cui gli atti impositivi in scadenza dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2020 vanno emessi entro l’ordinario termine (entro dunque il 31 dicembre 2020) ma notificati nel corso del 2021, al massimo entro il 31 dicembre 2021.
Espressamente, il legislatore emergenziale ha sancito che non opera, in quanto assorbita, la sospensione dei termini decadenziali (dall’8 marzo 2020 al 31 maggio 2020) prevista dall’art. 67 comma 1 del DL 18/2020.
La postergazione dei termini che scadono nel 2020 al 2021 non è idonea a trascinare anche il termine per l’integrativa.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, ai fini dei termini di accertamento non è stata prevista una vera e propria proroga, siccome gli atti comunque vanno emessi (in sostanza sottoscritti dal funzionario competente) entro fine anno; la sola notifica slitta al 2021.
Per quanto sopra, l’integrativa soggiace ai termini di decadenza ordinari.
Allora, se, come nella specie, occorre integrare il modello UNICO 2016 (periodo d’imposta 2015), la dichiarazione integrativa va presentata, trattandosi di sistema ante L. 208/2015, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo, pertanto entro il 31 dicembre 2020.
In realtà, su questo aspetto si nutrono a livello generale dubbi.
Tralasciando la particolare questione legata all’art. 157 del DL 34/2020, un ravvedimento eseguito dopo i termini di accertamento potrebbe avere comunque effetto ai fini penali, in cui la prescrizione penale è spesso maggiore della decadenza tributaria.
L’argomento non è, per quanto ci consta, ancora stato approfondito a dovere dalla giurisprudenza e dalla prassi.