Il Barometro Censis-commercialisti certifica la gravità della crisi economica in atto: fatturato dimezzato per 370 mila attività

Di Savino GALLO

Circa 460 mila piccole imprese a rischio chiusura, oltre 415 mila in crisi di liquidità, quasi 370 mila con un fatturato più che dimezzato. L’Italia alle prese con la crisi economica provocata dall’epidemia di COVID-19 è un Paese più fragile, che riuscirà a uscire da questo momento di difficoltà solo se verranno adottate rapidamente le misure necessarie in termini di sostegno economico, snellimento degli adempimenti e tagli alla burocrazia.

È quanto emerge dal “2° Barometro Censis-Commercialisti sull’andamento dell’economia italiana”, presentato ufficialmente ieri nel corso di un webinar dedicato. L’indagine, condotta nello scorso mese di settembre su un campione di 4.600 iscritti all’albo, restituisce la fotografia di una “crisi di portata epocale”, con la diffusa sensazione di essere in uno “smottamento continuo”, i cui effetti si vedranno ancora per molto tempo.

Il 95,5% degli intervistati ha rilevato tra le imprese clienti una grave perdita di fatturato nell’ultimo anno, uguale o superiore al 50%. Quasi un commercialista su quattro ammette che tale calo di fatturato si è verificato in almeno il 50% delle imprese clienti, mentre per il 45,6% la riduzione si è attestata tra il 26 e il 50% dei clienti. Numeri simili per ciò che riguarda la crisi di liquidità. Praticamente tutti i partecipanti al sondaggio (93,9%) hanno registrato un taglio uguale o superiore al 50%: uno su tre per più della metà delle imprese clienti, il 38,1% tra il 26 e il 50%.

Una “doppia tagliola” che ha indotto molte imprese (37,6%) a non riaprire i battenti dopo il lockdown di primavera e che potrebbe spingere molti alla chiusura definitiva della propria attività. Un rischio che corrono soprattutto le micro imprese (con fatturato inferiore ai 350 mila euro), tra le quali si registra un “surplus di sofferenza” sia in termini di calo del fatturato (29% contro il 21,2 delle imprese più grandi) che di riduzione della liquidità (32,5% contro il 26,2%).

Quasi tutti i commercialisti che assistono micro imprese hanno fatto richiesta, per conto dei propri clienti, di contributi a fondo perduto (94,2%), sospensione di versamenti fiscali e contributivi (92,7%), cassa integrazione in deroga (90,7%) e finanziamenti agevolati (90%). Tutte misure sulla cui efficacia i rispondenti al questionario si sono sostanzialmente divisi.

Il sostegno alle imprese (moratoria sui mutui, garanzie statali sui prestiti) è stato giudicato positivamente dal 45,2%, in modo negativo dal 34%. Gli aiuti al lavoro (divieto di licenziamento, ricorso alla cassa integrazione in deroga) sono stati promossi dal 43,4%, bocciati dal 34,9%. Il sostegno alle famiglie (bonus babysitter, congedi parentali, reddito di emergenza) accolti con favore dal 36,6%, mentre il 37,5% ne ha dato un giudizio negativo. La sospensione dei versamenti fiscali e contributivi per le imprese più penalizzate è stato valutato bene dal 33,3%, male dal 46,9%. Decisamente negativo, invece, il giudizio sugli aspetti operativi dei singoli provvedimenti: per il 79,9% la qualità dei testi normativi era scarsa così come quella dei chiarimenti di prassi amministrativa (76,7%).

In questo quadro, le aspettative riguardo al futuro prossimo non possono che essere grigie. Quasi uno suo due è pessimista rispetto alla situazione in cui ci si troverà a operare fra 5 anni: per il 48% sarà più difficile aprire un’impresa e per il 60,4% sarà molto più complicato gestirla. Analoga la percezione sull’evoluzione dei rapporti con il Fisco (il 56,5% sostiene che sarà più complesso) e con le banche (60,6%).

Una tendenza che può essere invertita solo se si riuscirà a intervenire subito su quello che fino a oggi non ha funzionato, a partire dal taglio della burocrazia: “Per snellire il sistema burocratico – ha spiegato Massimo Miani, Presidente del CNDCEC, nel corso del webinar – le professioni ordinistiche possono dare il proprio contributo in un grave momento di emergenza per il Paese, attraverso l’attribuzione di funzioni sussidiarie prevista dal Jobs Act del lavoro autonomo. In questo modo la Pubblica Amministrazione può alleggerirsi di determinate funzioni”.

Quanto, invece, al sostegno alle imprese in difficoltà, la preoccupazione dei commercialisti è “rivolta alla fine dell’emergenza, quando le imprese italiane saranno ancora più indebitate”. Per questo, il Consiglio nazionale ha fatto una serie di proposte finalizzate ad “alleggerire i costi fissi delle aziende per mantenere l’equilibrio economico” e “incentivarne la solidità e la capacità di rimborso dell’indebitamento”.
Va in questa direzione la richiesta di introdurre un “superbonus per la ricapitalizzazione”, da attivare attraverso l’utilizzo dei fondi europei, che eviterebbe anche allo Stato di intervenire con proprie risorse a copertura dei debiti non pagati dalle imprese.