Se non ha già adempiuto, il professionista deve farlo al più tardi entro 30 giorni dalla diffida del Collegio o Ordine di appartenenza

Di Cecilia PASQUALE

L’art. 37 del DL 76/2020 (DL “Semplificazioni”) è intervenuto sulla disciplina relativa all’obbligo di imprese (in forma societaria e individuale) e professionisti di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata al Registro delle imprese o all’albo o elenco di appartenenza, sostanzialmente introducendo sanzioni per il caso di inadempimento.
La modifica legislativa intende favorire la semplificazione delle comunicazioni telematiche tra imprese, professionisti e pubbliche amministrazioni, nel rispetto della disciplina europea e del Codice dell’amministrazione digitale (DLgs. 82/2005).

Con particolare riferimento ai professionisti iscritti in albi ed elenchi, il nuovo art. 16 comma 7 del DL 185/2008 prevede che questi siano tenuti a comunicare ai rispettivi Ordini o Collegi il proprio domicilio digitale. Allo stesso obbligo sono soggetti i revisori legali e le società di revisione iscritti nel registro di cui al DLgs. 39/2010.

Tale adempimento non è nuovo: la stessa norma prevedeva già l’obbligo di comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata (nozione sostanzialmente coincidente con quella di domicilio digitale), senza tuttavia disporre un sistema sanzionatorio, introdotto, appunto, dal DL 76/2020 (DL “Semplificazioni”).
Il nuovo comma 7-bis dell’art. 16 del DL 185/2008, infatti, ha previsto che l’Ordine o Collegio a cui è iscritto il professionista (che non abbia già comunicato il proprio domicilio digitale) sia tenuto a inviare allo stesso una diffida ad adempiere entro 30 giorni; in caso di mancata ottemperanza, il Collegio o Ordine commina la sanzione della sospensione dal relativo albo o elenco fino alla comunicazione del domicilio.

La nuova norma non indica il termine entro cui effettuare la comunicazione, che dipende, sostanzialmente, dal momento in cui il singolo Ordine o Collegio invierà la diffida ad adempiere. In quel momento, il rischio di sospensione diventa attuale e, se il domicilio digitale non è comunicato nei successivi 30 giorni, il Collegio o l’Ordine disporrà la sospensione dall’Albo o elenco. La sospensione, in ogni caso, viene meno dal momento in cui l’iscritto comunica all’Ordine il proprio domicilio digitale.

Inoltre, gli Ordini e i Collegi sono tenuti a pubblicare in un elenco riservato, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, i dati identificativi degli iscritti e il relativo domicilio digitale e l’omessa pubblicazione di detto elenco è motivo di scioglimento e di commissariamento del Collegio o dell’Ordine inadempiente (art. 16 comma 7-bis terzo periodo del DL 185/2008). Di conseguenza, dovrebbe essere interesse innanzitutto dell’Ordine ottenere i dati relativi al domicilio digitale dei propri iscritti (e inviare la diffida in caso di dato mancante).

L’Ordine dei Commercialisti di Milano, ad esempio, ha fatto sapere che, in ottemperanza a quanto disposto dal DL “Semplificazioni”, “a partire dal 1 Ottobre 2020 (…) sarà costretto a diffidare l’iscritto che non abbia già comunicato il proprio indirizzo PEC, e, in caso di inadempienza, trascorsi 30 giorni, sarà costretto a sospendere l’iscritto fino a quando non avrà comunicato il proprio domicilio digitale”.

L’Ordine degli Avvocati di Milano, invece, ha comunicato che intende attivare la procedura di diffida già nel mese di settembre, invitando tutti gli avvocati che non hanno ancora comunicato il proprio domicilio digitale all’Ordine a provvedervi immediatamente, evitando così di essere sottoposti a successiva diffida.

Peraltro, con riferimento a professionisti quali avvocati, commercialisti o consulenti del lavoro, può ipotizzarsi che il rischio di sospensione riguarderà un numero ridotto di soggetti: considerato che detti professionisti, in molti casi, sono tenuti a interfacciarsi con l’amministrazione mediante l’indirizzo di posta certificata (si pensi, ad esempio, all’obbligo di notifica degli atti processuali a mezzo PEC nel processo tributario telematico), nell’ambito di queste categorie professionali dovrebbero essere molti i soggetti dotati di un indirizzo PEC che lo hanno già comunicato al rispettivo ordine, indipendentemente dall’espressa previsione di sanzioni.