Il DL Semplificazioni riapre il dibattito sulle irregolarità fiscali o contributive non definitivamente accertate

Di Giorgio INFRANCA e Pietro SEMERARO

Il DL 76/2020 (c.d. decreto “Semplificazioni”), in corso di conversione al Senato (Atto n. 1883) ha riproposto la modifica all’art. 80, comma 4 del DLgs. 50/2016, già inserita nel DL 32/2019, poi abrogata, con cui si prevedeva l’esclusione dalle procedure di appalto pubblico a fronte di irregolarità tributarie e contributive non definitivamente accertate.

In particolare, la lett. b) dell’art. 8, comma 5 del DL 76/2020 modifica l’art. 80 del DLgs. 50/2016 sostituendo il quinto periodo del comma 4, prevedendo la facoltà della stazione appaltante di poter escludere un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto qualora la medesima stazione appaltante sia a conoscenza e possa adeguatamente dimostrare che lo stesso non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati, qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi rispettivamente del secondo o del quarto periodo del vigente comma 4 citato.

L’art. 80 comma 4 del DLgs. 50/2016 fornisce le definizioni di violazioni “gravi”.
Per violazione grave deve intendersi, con riferimento alle violazioni di carattere tributario, quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’art. 48-bis commi 1 e 2-bis del DPR 602/73 mentre, con riferimento alle violazioni di carattere contributivo, quelle ostative al rilascio del DURC, di cui al DM 30 gennaio 2015.
Ne consegue che assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalle gare d’appalto le violazioni di carattere tributario di importo superiore a 5.000 euro (soglia modesta che sembra porsi in contrasto con il principio di proporzionalità).

È già stato rilevato (si veda “Riproposta l’esclusione dagli appalti per irregolarità tributarie non definitive” dell’11 luglio 2020) quali siano i potenziali effetti devastanti per le imprese della norma così congegnata e si sono proposti suggerimenti volti a contemperare gli interessi in gioco. Si auspicano, dunque, interventi migliorativi in sede di conversione del DL.

Un elemento sul quale pare opportuno porre l’attenzione attiene al concetto di “gravità” delle violazioni tributarie, con riferimento alla domanda se, ai fini del superamento della fatidica soglia di 5.000 euro, debbano essere considerati anche gli interessi e le sanzioni.
Il tenore letterale del quinto periodo del comma 4 dell’art. 80 del DLgs. 50/2016 (sia nella nuova versione sia in quella antecedente al DL 76/2020) lega l’esclusione dagli appalti all’inottemperanza agli obblighi relativi al pagamento di “imposte” e “tasse” e pertanto, ai fini del computo, non dovrebbero, in linea teorica, rientrare né le sanzioni né gli interessi.

Nonostante il tenore letterale della disposizione faccia tendere per l’esclusione, occorre però rilevare che la giurisprudenza amministrativa (in questo senso, si veda TAR Lombardia n. 37 del 9 gennaio 2018) sembra invece ricomprendere nella valutazione della “gravità” della violazione anche le sanzioni e gli interessi e ciò almeno nell’ipotesi in cui questi siano conseguenza del mancato pagamento di “imposte” e “tasse”.

Tale inclusione sembrerebbe derivare dal fatto che l’ultimo periodo dell’art. 80 comma 4 (sia nella nuova versione sia in quella antecedente al DL 76/2020) vincola la regolarizzazione della posizione dell’operatore economico all’avvenuto pagamento o impegno vincolante al pagamento delle imposte o dei contributi previdenziali dovuti, “compresi eventuali interessi o multe”.
Dunque, posto che per regolarizzare la propria posizione l’operatore deve sanare o impegnarsi a sanare il debito tributario, comprensivo di interessi e multe (ovvero sanzioni), allora il concetto di “gravità” della violazione tributaria deve giocoforza essere valutata anche con riguardo agli interessi e alle sanzioni.

A diverse conclusioni si deve giungere qualora la violazione tributaria riguardi esclusivamente sanzioni tributarie.
In questo senso, il TAR Umbria (sentenza n. 558/2019) ha escluso la rilevanza, ai fini dell’applicabilità della disciplina in questione, dell’atto di contestazione delle sanzioni ex art. 16 del DLgs. 472/97. La ragione per quale il TAR Umbria ha propeso per tale esclusione risiede nel fatto che, nel caso di specie, l’atto di contestazione non fosse legato all’omesso pagamento di imposte ma a sole violazioni dichiarative.
Secondo i giudici umbri infatti, “posto che è pacifico tra le parti che la violazione di cui al citato atto di contestazione non ha influito sulla determinazione del tributo e sul suo pagamento, tale violazione non doveva essere richiamata nella certificazione rilasciata ai fini dell’accertamento della regolarità fiscale”.

Questo è il quadro che emerge attualmente, ma sarà interessante seguire gli sviluppi del tema a livello giurisprudenziale specie se il testo della norma rimarrà invariato anche dopo la conversione del DL 76/2020.