La comunicazione di scarto può essere vista come un diniego di agevolazione

Di Alfio CISSELLO e Alessandro COTTO

In ragione della complessità della materia e delle relative incertezze, può accadere che il contribuente, in sede di istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto, indichi un importo inferiore a quello spettante e che intenda correggere tale errore.

Nella risposta 5.4 della circolare n. 22/2020 l’Agenzia delle Entrate affronta il caso di un soggetto che:
– ha presentato una prima istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto;
– ha indicato nella prima istanza in modo errato gli importi del fatturato, beneficiando di un contributo superiore rispetto a quello effettivamente spettante;
– prima della notifica della seconda ricevuta che attesta l’accoglimento dell’istanza, ha trasmesso una nuova istanza che è stata però scartata essendo stato nel frattempo già “eseguito il mandato di pagamento del contributo”.

L’Agenzia delle Entrate ribadisce il contenuto del provvedimento del 10 giugno 2020, attuativo dell’art. 25 del DL 34/2020, e delle istruzioni all’istanza, in particolare:
– a seguito della presentazione dell’istanza è rilasciata una prima ricevuta che ne attesta la presa in carico;
– 7 giorni lavorativi dalla data della ricevuta della presa in carico è rilasciata una seconda ricevuta che attesta l’accoglimento dell’istanza ai fini del pagamento ovvero lo scarto dell’istanza;
– nel caso in cui l’istanza sia stata accolta ai fini del pagamento, non è possibile trasmettere ulteriori istanze, mentre è consentita la presentazione della rinuncia al contributo restituendolo con F24.

Le conclusioni, a ben vedere, non dovrebbero cambiare anche se il contributo fosse stato erogato in misura inferiore e il contribuente volesse ricalcolarlo.
Le ragioni di tale impostazione che ledono il diritto del beneficiario di emendare l’errore commesso in buona fede risiedono probabilmente nella difficoltà da parte dell’Agenzia di tracciare tutti i flussi in caso di presentazione di domanda correttiva, restituzione del bonifico, nuova domanda.

In base al provvedimento citato, una volta presentata l’istanza ed eseguito il mandato di pagamento del contributo, non è più possibile integrarla, essendo ammessa la sola rinuncia al contributo. Una eventuale istanza successiva al mandato di pagamento sarebbe dunque scartata.

In tale circostanza ci si chiede quali potrebbero essere i rimedi a disposizione del contribuente.

La questione presenta indubbi profili di delicatezza in quanto l’art. 25 comma 12 del DL 34/2012 si limita a prevedere che “Per le controversie relative all’atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.
Considerato che secondo la giurisprudenza l’elenco di cui all’art. 19 del DLgs. 546/92 può essere oggetto di interpretazione estensiva (Cass. 8 ottobre 2007 n. 21045 e 24 luglio 2007 n. 16293), dovrebbe essere ammesso il ricorso contro il rigetto dell’istanza nella quale si chiede il nuovo contributo, tenendo comunque presente che ai fini dell’impugnabilità dell’atto il rigetto appena citato potrebbe rientrare nel diniego di agevolazioni fiscali.

Nel caso in cui il contributo sia stato riconosciuto in misura inferiore rispetto a quello effettivamente spettante (ad esempio, perché nel frattempo sono intervenuti chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate che hanno esteso l’ambito applicativo della norma), la soluzione più prudente dovrebbe essere quella di non procedere alla rinuncia e relativa restituzione, ma di impugnare la comunicazione di scarto della seconda richiesta integrativa che comunque va presentata entro il termine del 13 agosto 2020.

Nel ricorso, in ragione del carattere di “impugnazione – merito” del processo tributario, si ritiene possibile chiedere al giudice di accertare la debenza del maggiore contributo e di ordinarne l’erogazione alle Entrate.
Dal punto di vista dell’accesso al contenzioso, non si vedono soluzioni alternative: non si potrebbe presentare una domanda di rimborso, in quanto non si tratta di restituzione di tributi pagati in eccesso, e impugnare un diniego (espresso o tacito) di autotutela presenta rischi notevoli.